Cultura

Il Teatro Grande di Angelini: «Non più elitario, ma pop e sociale»

Il teatro, dice il sovrintendente, può restare simbolo regale della città e suscitare stupore, diventando allo stesso tempo un bene che la comunità riconosca come proprio: l’intervista
Il sovrintendente del Teatro Grande Umberto Angelini - Foto Marco De Scalzi
Il sovrintendente del Teatro Grande Umberto Angelini - Foto Marco De Scalzi
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L’anno del Teatro Grande è iniziato con «un filotto di soldout», che però non stupiscono. Il bilancio del 2024 presentato pochi giorni fa aveva già messo in luce il trend positivo del teatro cittadino, che dal 2019 a oggi ha aumentato il pubblico di quasi il 30%. Il famoso «lascito della Capitale della Cultura» si è quindi effettivamente concretizzato, in questo caso: i numeri sono cresciuti non solo rispetto a cinque anni fa, ma anche in relazione al 2023, che inevitabilmente aveva portato numerosissime presenze. Non era scontato pareggiare, men che meno superare i risultati.

Gran parte del merito va certamente al sovrintendente che dal 2011 guida la direzione artistica della Fondazione del Teatro Grande, Umberto Angelini. Per quanto lui, schivo e rispettoso, voglia sempre spalmare i meriti allargandoli a tutta la squadra, condividendoli con tutti i collaboratori e le collaboratrici che lavorano dietro le quinte e negli uffici e con i membri della Fondazione che gestisce il Teatro Grande.

Angelini, gli ottimi risultati di bilancio riflettono la bontà delle scelte compiute negli ultimi dieci anni: quanto hanno peso queste e quanto la Capitale della Cultura?

Sicuramente il lavoro viene da lontano, già dalla mia prima stagione qui: era il 2011 e già allora ho iniziato a immaginare un Teatro Grande come un’istituzione che fosse sempre più del territorio. E per territorio intendo sì la città, ma soprattutto la provincia. Capitale della Cultura ha permesso un’indubbia accelerazione e il lascito è soprattutto occupazionale. Siamo riusciti anche nel 2024 ad assumere due persone a tempo indeterminato e a confermarne tre a tempo determinato, che poi erano le persone che avevamo preso proprio per l’anno della Capitale. Ma c’è anche il lascito della fidelizzazione del pubblico. La Capitale ha dimostrato – almeno nel nostro caso – come un incremento di contributo (non stratosferico) possa agire da moltiplicatore. Si è trattato di un contributo maggiore del solito, ma in linea con i contenuti storici, e la Fondazione ha mostrato come questo possa aumentare la qualità della proposta e l’occupazione. Quindi per noi il lascito è molto importante. Ci ha permesso di capitalizzare la presenza di pubblico. L’abbiamo visto con la Budapest Festival Orchestra che il 24 gennaio ha aperto la stagione: ha fatto il tutto esaurito. E l’abbiamo visto anche con le 892 persone presenti alla prima «Lezione di storia», poi salite a 992. Altre 800 persone hanno assistito a «Der Kaiser von Atlantis» per la Giornata della Memoria e c’è stato il tutto esaurito anche nel Ridotto con Guido Barbieri. Questa tendenza, che nel 2024 si è confermata, nel 2025 sta già crescendo. Il 2023 ci ha permesso di riposizionare con più forza e attrattività il Teatro Grande sia in città che in provincia.

E da fuori?

Difficile dirlo, ma un dato importante riguarda di nuovo il 2024: abbiamo avuto una presenza media dei visitatori (ovvero quelli che non vengono per spettacoli, ma solo per visitare la struttura) che rispetto al 2023 è cresciuta del 26,7%. Diminuendo il numero di aperture, peraltro. Probabilmente si tratta in molti casi di persone che non vengono solo da fuori città, ma anche da fuori provincia. Anche il caffè è molto frequentato, con una media di 1600, 1700 persone nel fine settimana.

Non c’entra solo la programmazione, dunque…

Esatto, anche perché non l’abbiamo mai stravolta. Non continuiamo a crescere perché cambiamo calendario, ma perché c’è molta ricerca anche sul resto.

Dunque il Grande più che un teatro è quasi un polo culturale?

Per noi è sempre stato non una somma di spettacoli, ma un luogo di socializzazione in cui tutta la comunità possa riconoscersi. Uno spazio di altissima qualità, ma al contempo popolare. Il prezzo del biglietto non deve essere un ostacolo: questo è da sempre la linea guida ferrea. Ovvero: non devono essere le ragioni economiche a tenerti lontano dal Teatro Grande. E poi vogliamo andare verso la comunità. I nostri progetti legati alle fragilità nel 2024 hanno portato a teatro quasi 3000 persone.

Lo definirebbe meno elitario, quindi?

Assolutamente. Il teatro deve rispondere alla sua vocazione mondana ed essere un luogo bellissimo della città suscitando stupore, ma deve anche donarsi anche alla comunità. Siamo un’istituzione sociale. Questo se vuoi è un bilanciamento difficile in alcuni casi: con un certo tipo di teatro si hanno anche certe forme di mecenatismo culturale, e quindi dobbiamo essere un luogo aspirazionale, certo. Ma nessuno deve sentirsi a disagio.

Qual è l’elemento che ha reso agli occhi dei bresciani il teatro grande più accessibile? Le lezioni, le conferenze, il caffè, la Festa dell’Opera...

Quelle di certo, ma il dato sorprendente riguarda gli abbonamenti alla stagione di Opera e Balletto, che nel 2024 hanno segnato il record di sempre. Significa che il Teatro Grande ha attirato nuovo pubblico senza perderlo nei settori tradizionali. Tutti si riconoscono in qualche proposta. Le persone che vanno solo all’opera sono poche: di solito vanno anche alle lezioni, a vedere la danza… La forza sta qui: siamo un teatro che non esclude, ma include. Muovendo anche un indotto economico non indifferente.

Quella delle lezioni fu una sua intuizione?

Sì. Fu una scelta legata al fatto che il teatro per me deve appunto essere un luogo di apertura e non di chiusura. Il compito che deve porsi è l’innalzamento del patrimonio della comunità, ma anche rappresentare una casa della cultura e della socializzazione.

La linea seguita nell’ultimo decennio è ben chiara: è granitica oppure nei prossimi anni ci sarà qualche aggiunta, con calendari malleabili?

Dobbiamo sempre metterci in ascolto, cogliendo con umiltà i bisogni, le suggestioni e i sogni della città. Mi piacerebbe sempre interpretare questi sogni. Ci sono dei pilastri da rafforzare, ma noi stessi siamo curiosi di aprirci al nuovo.

Qual è uno di questi sogni?

In questo momento vorrei intercettare la fascia della città che ancora non viene a teatro, e quindi le persone con background migratorio o che per altri motivi non riescono. Ecco perché abbiamo aderito al Piano strategico del Comune.

Parliamo dei talenti: durante i suoi mandati ne ha scoperti e supportati diversi, penso soprattutto alla danza…

Il mio unico, vero merito è stato quello di individuare e guidare il personale straordinario del Teatro Grande, facendolo crescere. Lo staff è perlopiù under40 e prevalentemente femminile: il gruppo di lavoro è giovane, ma ha già potuto fare diverse esperienze internazionali, e oggi ha un livello di professionalità altissimo. Lo dimostrano anche gli infiniti ringraziamenti degli artisti. Tornando ai talenti, mi piacerebbe portare a Brescia artisti che provengono da Africa e Medio Oriente, sia in campo coreografico sia in ambito musicale. Credo che possano portarci uno sguardo più autentico rispetto a un sistema europeo che oggi è più bloccato. Una ventata di novità e freschezza. Per esempio: nel 2025 ci sarà Mamela Nyamza, che con l’Hatched Ensemble reinventa il balletto classico.

  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La coreografa sudafricana al Teatro Grande di Brescia nel 2018
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
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  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
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  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
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  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
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  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • La pièce della coreografa sudafricana è andata in scena martedì sera al Teatro Grande di Brescia
    La pièce della coreografa sudafricana in scenaal Teatro Grande di Brescia - Foto Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it

Anche Dada Masilo rientrava in questo solco. La notizia è stata sconvolgente...

Tremenda perché innanzitutto inaspettata. Un colpo al cuore per l’età, il talento e la morte inattesa. Stavamo lavorando sul suo ritorno, eravamo già in dialogo. Ha lasciato in noi un ricordo importante e potente.

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