Cielo grigio, birra, bucket hats e rock: a Manchester è Oasis-mania
«I fucili si sono messi a tacere. Le stelle si sono allineate. La grande attesa è finita», recitava – meno di un anno fa – l’annuncio della reunion degli Oasis. La grande attesa è finita anche per i due che firmano questo articolo, devoti gallagheristi dai tempi della preadolescenza, partiti ieri poco prima delle 9 da Orio per atterrare a Manchester alle 10, ora locale. Clima orribile o, se si vuole vederla più a tutto tondo, clima perfetto per un’esperienza immersiva dell’Inghilterra settentrionale. Pioggia, cielo monolitico bianco-grigio, pozzanghere, nulla che ricordi l’estate, cantieri, rotaie dei tram a perdita d’occhio. Negli anni ’90, cinque ragazzi – guidati dal geniale Noel Gallagher – cercarono un modo per scappare proprio da questo panorama.
Oasismania
La città, però, è in stato febbrile. In questi giorni, a Manchester è Oasismania pura. Stasera è in programma il quinto e ultimo concerto della band nella città natale – sempre a Heaton Park –, settimo di un tour mondiale di 41 date che finirà in autunno inoltrato, in Sudamerica. La reunion è infatti un avvenimento di portata planetaria e ultragenerazionale. Lo provano, in primis, i sold-out registrati per ciascuno dei concerti organizzati in giro per il globo.
Tra fan ci si riconosce, a partire dallo scalo orobico, preso d’assalto da chi si appresta alla trasferta in quella che fu la capitale della rivoluzione industriale. Si incontrano pure vecchi amici. E si scopre che se il mondo è piccolo, Liam e Noel Gallagher l’hanno ristretto ancora un po’. «Ma dai, non sapevo che anche tu venissi. Non credevo fossi un fan. E invece…».

Manchester – nei giorni scorsi attraversata da un’ondata di caldo record – adesso è sì grigia e inzuppata, ma si presenta come una Gardaland a tema Oasis. I fratelli Gallagher e le loro canzoni sono ovunque. Giganteschi sui cartelli pubblicitari fin dalle strade appena fuori dall’aeroporto. In ogni vetrina e in ogni negozio del centro. Pure la cartoleria Fred Aldous Ltd ha una sezione dedicata. Non mancano gli shop ufficiali, a partire dal maxi Fan Store a Spinningfields: se hai prenotato bene, altrimenti sono cinque ore di coda.
Italiani
Pacifico, rilassato, e garbato, nella temporary boutique della Microdot, ecco Brian Cannon, fondatore dello studio grafico che progettò l’iconico logo della band e le copertine di lp e singoli, nonché gli artwork degli anni ’90. «Anche voi dall’Italia? Qui è un’invasione», sorride, mentre firma magliette e gadget e ti dà la mano. Confermano la sensazione i mancuniani incontrati sotto la pioggia, accanto a un baracchino del caffè. Raccontano le leggende dell’arrivo degli italiani nella loro città a fine Ottocento, soprattutto dal Centro-Sud. «Da voi c’era poco lavoro, qui si cercava manodopera».

Le strade traboccano di fan. Adidas e bucket hats ovunque, quasi a comporre un’ideale uniforme. Quando la porta di un pub si apre verso la strada volano fuori potenti le note di Supersonic, Cigarettes & Alcohol, Wonderwall e Don’t Look Back In Anger. A Piccadilly Gardens si mangia e si bevono birre all’aperto, sui tavoli riparati da ombrelloni dell’Mcr Live Hub. Ogni quarto d’ora sale sul palco un artista locale diverso. Inutile dire cosa suoni. Se esiste l’incarnazione del concetto di rito collettivo, eccola. Davvero impressionante.
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