Davide Longo: «La montagna ci mette a contatto con i nostri limiti»

Ruggero Bontempi
Il romanzo per ragazzi dal titolo «Montagna si scrive stampatello» verrà presentato il 28 aprile a Edolo
Lo scrittore del romanzo Davide Longo - © www.giornaledibrescia.it
Lo scrittore del romanzo Davide Longo - © www.giornaledibrescia.it
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«Montagna si scrive stampatello» è il titolo del romanzo per ragazzi scritto da Davide Longo, affermato autore di gialli (protagonisti l’ex commissario Bramard e il suo successore Arcadipane) edito da Salani e dal Club Alpino Italiano. Il volume, che sarà presentato lunedì 28 aprile a Edolo, racconta l’esperienza di un viaggio sulle Dolomiti di Brenta, destinato a cambiare la vita del giovane protagonista. L’autore ce lo presenta.

Davide Longo, il cammino, la frequentazione della montagna e più in generale della natura possono favorire un’esperienza di cambiamento anche nelle persone adulte?

Credo di sì, soprattutto nell’età contemporanea in cui abbiamo sempre meno confidenza con il corpo. Camminare e mettere alla prova il corpo in attività diverse generano soddisfazione e fiducia in sé stessi. A volte sottostimiamo il corpo, altre lo sovrastimiamo. La montagna ci mette a contatto con i nostri limiti più che la dimensione urbana, ci fa tornare ad una dimensione più primitiva, e questo vale anche per l’uso del tempo.

Il piccolo Davide, in compagnia della mamma, si muove in un gruppo accompagnato da esperti. È sotteso un invito ad affrontare la montagna in forma guidata e prudente?

In montagna ciascuno si affida alle sue capacità e, anche se sono buone, rimane sempre una dose di rischio. Entrare in rapporto diretto con gli ambienti alpini fin da piccoli è la cosa migliore. Se l’incontro con la montagna avviene da adulti, invece, imparare un approccio corretto è più difficile.

Qualcuno ritiene che la frequentazione costante di una palestra o un allenamento di corsa sviluppato mediante l’utilizzo del cardiofrequenzimetro siano sufficienti, ma non è così. Un piccolo incidente che accade in montagna, a differenza degli ambienti urbani, può diventare un problema difficile da gestire.

Alcuni personaggi narrati si commuovono davanti alle pareti delle Dolomiti di Brenta, così come ascoltando le suite del violoncellista Mario Brunello. Cosa unisce il fascino dalla montagna a quello della musica?

Entrambe ti consentono di entrare in una nuova dimensione, ti mettono davanti a qualcosa di più grande di te. La musica è espressione di una perizia, del talento di qualcuno che ha dedicato la sua vita impegnandosi a suonare certi brani. In montagna il talento lascia commossi per la sua applicazione nell’attività dei soccorritori, dei musicisti, degli alpinisti. Nella natura c’è una forma meravigliosa di talenti, si vedono in ogni suo piccolo aspetto.

Nei suoi libri, dai gialli a quelli per ragazzi, ha utilizzato spesso ambientazioni montane. Com’è nata questa familiarità?

In realtà si è sviluppata in modo casuale. Sono nato nella pianura piemontese a Carmagnola, vicino a Torino. I miei genitori, da quando avevo 4 anni, mi portavano in vacanza e durante i fine settimana nelle valli del Cuneese.

Quelle montagne selvatiche per me rappresentavano il tavolo da gioco dell’epica di un bambino, che costruivo mediante quello che avevo a disposizione, come le passeggiate nei boschi, le visite alle case abbandonate, i racconti degli alpini del posto. L’epica che costruisci a quell’età te la porti dietro tutta la vita. E la casa dove trascorrevo le vacanze in Val Varaita sotto il Monviso continuo ancora oggi a frequentarla.

«Lo stampatello è come la montagna: semplice, robusto e bada al sodo», scrive nel suo libro. Da quali scrittori che «scrivono stampatello» trae ispirazione?

In particolare da Mario Rigoni Stern per la sua scrittura profondamente intrisa nell’ambiente in cui è nato, e poi da Primo Levi per la sua chiarezza e semplicità. Entrambi si portano dietro solo il necessario, e ci ricordano che non possiamo permetterci gesti superflui, proprio come in montagna.

Il suo romanzo «Il mangiatore di pietre» ambientato in una valle piemontese fu pubblicato nel 2004. Vent’anni più tardi l’editoria di montagna si è consolidata e attraversa un periodo di grande vivacità, come mostra il Festival MontagnaLibri in corso a Trento in questi giorni. Come giudica questo settore?

Non credo che si possa parlare di una vera e propria letteratura di montagna, quanto piuttosto di scrittori che ambientano le loro storie in montagna, e che sono capaci di dare valore alle loro opere mediante la qualità della scrittura.

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