Cultura

Coez, transizione compiuta da underground a (pop)olare

Al Morato duemila spettatori per il «bis» bresciano. Il cantante: «Da pochi ma buoni a tanti e buonissimi!»
  • Coez al Gran Teatro Morato per il bis a Brescia
    Coez al Gran Teatro Morato per il bis a Brescia
  • Coez al Gran Teatro Morato per il bis a Brescia
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  • Coez al Gran Teatro Morato per il bis a Brescia
    Coez al Gran Teatro Morato per il bis a Brescia
AA

Coez replica e si guadagna un altro bagno di folla bresciano. Non c’è il sold out, ma erano comunque 2000 gli spettatori accorsi ieri al Gran Teatro Morato per il secondo live di aprile del rapper cantautore nella nostra città, dopo quello al LattePiù.

Per forza di cose l’atmosfera è meno raccolta: il pubblico è un’onda e pure molti di coloro che hanno speso una manciata di euro supplementari per sedere in tribuna abbandonano presto la comodità per il parterre.

A testimoniare la permanenza di una situazione emergenziale non sono tanto le mascherine (una presenza intermittente, in verità), quanto il mantenimento delle distanze interpersonali, con movimenti cauti, sul posto. Ciò che la platea trattiene sul piano dinamico lo sprigiona nel canto, accompagnando entusiasta le esecuzioni di «Wu Tang», «Fra le nuvole» e «Flow Easy», sequenza d’apertura pure dell’ultimo album, «Volare». E lo stesso avviene con «Luci della città», titolo chapliniano per una canzone che prelude al saluto dell’artista nocerino: «Siete carichi, eh! Chi di voi - chiede - c’era al LattePiù, per il primo concerto del tour? Allora pochi ma buoni, qui tanti e buonissimi!». Quindi aggiunge: «Con Brescia c’abbiamo uno storico... e siamo pure gemellati con Frah Quintale!».

Quindi annuncia un «pezzo tirato» e attacca «Ol’ Dirty»: comincia con scatti rabbiosi, ma arriva comunque il cantato dolce, perché la formula giusta prevede i più disparati dosaggi di hip hop e melodia, mai l’esclusiva di un mood o dell’altro. Convivono la rancorosa «Crack» e un irresistibile pop tipo «Faccio un casino», la durezza di «Sesso e droga» con il romanticismo di «Come nelle canzoni». La transizione da underground a pop(olare) è compiuta, e l’artista che occupa il palco con carisma «sciallo» e capello verde acido è uno di quelli che l’ha affrontata con sistematica consapevolezza. La nuova e sentimentale «Occhi rossi» ha già la statura del classico (ed è un’eccezione, «perché i miei dischi ci mettono sempre un po’ a essere digeriti» spiega Coez), mentre la poetica «E yo mamma» è limpida espressione di amore filiale che arriva al cuore (ovazione). L’andamento diventa a pendolo, avanti e indietro nel tempo («Domenica», «Niente che non va»), per abbracciare il futuro attraverso le canzoni, e l’emozione vola ancora più alta con «Ali sporche». «Solo per voi, Brescia!».

Nei bis, Coez regala una versione quasi dance di «Siamo morti insieme», con bassi frementi («Solo per voi, Brescia! Per premiarvi - assicura - del calore che ci avete dato»), prima della chiusura in chiaroscuro con «È sempre bello», «La musica non c’è», «Faccia da rapina», dove un po’ di spleen esistenziale non oscura del tutto il pensiero positivo.

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