Il primo papa statunitense, predetto dalla serie «The young Pope»

L’elezione di Robert Francis Prevost come Papa Leone XIV ha segnato un momento storico: per la prima volta, un americano guida la Chiesa cattolica. Un evento che ha inevitabilmente suscitato l’interesse di media, osservatori e anche appassionati di cinema e serie tv, tanto che alcune testate statunitensi – come SlashFilm – hanno sottolineato l’incredibile coincidenza tra la realtà e la fiction raccontata da Paolo Sorrentino nella serie «The young Pope» e nella successiva «The new Pope».
Dalle ore successive alla fumata bianca e all’annuncio, le due serie firmate dal regista napoletano stanno vivendo una nuova popolarità, rientrando nel dibattito culturale proprio per la loro capacità, a posteriori, di evocare un futuro plausibile.
«The young Pope»
«The young Pope», andata in onda per la prima volta nel 2016 su Hbo e Sky, racconta l’ascesa al soglio pontificio di Lenny Belardo, un cardinale newyorkese che assume il nome di Pio XIII. Il personaggio interpretato da Jude Law è giovane (47 anni, molto più di Robert Francis Prevost), misterioso e decisamente fuori dagli schemi: preferisce l’ombra ai riflettori, adotta posizioni ultraconservatrici e guida la Chiesa con piglio autoritario, circondandosi di pochi fidati – tra cui suor Mary, la religiosa che lo ha cresciuto, interpretata da Diane Keaton.
Con una messa in scena elegante e carica di simbolismo, come succede sempre nelle opere di Paolo Sorrentino, la serie offre un ritratto spiazzante e provocatorio del potere spirituale. Oggi, a quasi un decennio dalla prima messa in onda, il paragone tra il personaggio immaginario e il neoeletto pontefice americano emerge con naturalezza. Entrambi sono statunitensi e sono visti – in modi radicalmente diversi – come figure di rottura.
Ma se Lenny Belardo era una figura rigida, inflessibile e quasi mistica, Papa Leone XIV si è finora distinto per la sobrietà, la disponibilità al dialogo e la condanna delle ingiustizie sociali.
«The new Pope
Nel 2020, accompagnato da una presentazione in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, è arrivato invece il seguito intitolato «The new Pope».
Sorrentino ha ripreso e ampliato l’universo della prima stagione introducendo nuovi temi e personaggi, tra cui un altro Papa (altri due in realtà: il mite cardinale Tommaso Viglietti, che ha scelto il nome Francesco II, muore solo pochi giorni dopo l’elezione) interpretato questa a volta da John Malkovich – in un duello di leadership e visioni opposte tra il nuovo Papa Giovanni Paolo III e l’emerito Pio XIII, «declassato» dopo il lungo coma nel quale era precipitato alla fine di «The young Pope».
Le due serie sono state accolte con entusiasmo dalla critica per la qualità visiva, il tono autoriale e le interpretazioni intense, contribuendo a creare un’immagine potente e fuori dagli stereotipi del papato.
Entusiasmo
L’entusiasmo per l’elezione del primo papa americano si è fatto sentire anche nel mondo dello spettacolo. Spike Lee, regista e storico tifoso dei New York Knicks, ha celebrato la coincidenza in un post Instagram, vedendo nella comune appartenenza all’Università di Villanova – frequentata sia da Prevost che da tre giocatori dei Knicks – un segno divino di una vittoria imminente per la sua squadra.
Ma al di là dell’ironia sportiva, molte altre voci del mondo culturale e mediatico americano stanno rilanciando i riferimenti alla serie di Sorrentino come una chiave, forse inaspettata, per leggere lo spirito di questo momento epocale.
L’elezione di Papa Leone XIV offre quindi la possibilità per ribadire come la fiction riesca talvolta ad anticipare la realtà, come successo di recente anche con il film Conclave, a quanto pare tornato utile anche ad alcuni nuovi cardinali, stando a quanto testimoniato da una fonte alla testata Politico.
Le due serie di Paolo Sorrentino, con il loro immaginario raffinato e provocatorio, sembrano oggi più attuali che mai e rispecchiano le speranze, i timori e le domande che questo nuovo Papa «venuto da lontano» – questa volta da Chicago – porta con sé.
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