Leone XIV, grata sorpresa dei bresciani: missionario di stile montiniano
Il mondo bresciano, notoriamente in gran parte «cattolico», come ha reagito alla elezione del nuovo Papa Leone XIV?
Prima di tutto con grata sorpresa perché la scelta del Conclave non ha ceduto a facili pronostici e scontate previsioni. I Cardinali elettori hanno scelto un americano, originario degli Usa, Robert Francis Prevost, molto stimato per il suo operato alla Congregazione dei Vescovi oltre che per la sua biografia.
Ed è proprio la sua biografia, che contando anche una esperienza missionaria in Perù, piace ad una terra come la nostra che ha dato tanti missionari in tutto il mondo.
Poi sorpresa perché mostra una versatilità ammirevole: unisce lo spirito agostiniano (che ha segnato anche Brescia coi suoi monasteri, soprattutto femminili) profondamente interiore e l’efficienza nordamericana; l’animo del religioso e quello dell’uomo attento ai nostri tempi.
Sorpresa per la scelta del nome non previsto da nessuno. Leone, che ricorda la fortezza di Leone Magno che salvò l’Italia da Attila e quel Leone XIII della Rerum Novarum. Al nuovo pontefice toccherà vigilare perché i novelli Attila non distruggano l’Europa umanistica e dovrà poi capire le «cose nuove» del Duemila, Intelligenza artificiale in primis.
Sorpresa per il suo primo saluto, profondamente «cristologico» e attuale insieme: pace a voi. Un Papa che cita le parole di Gesù Risorto con chiaro riferimento ad una situazione odierna terribile per le guerre in corso, allarga il cuore. Dalle prime battute ha rivelato la «contemporaneità» di Cristo Signore, vera ragione di ogni speranza e della certezza che «le porte degli inferi non prevarranno».
Sorpresa perché si è mostrato fin da subito riconoscente a Papa Francesco che ha citato affettuosamente, ma anche diverso, da Francesco a cominciare dal look esteriore. Forse anche questo è importante: un Papa che non è la fotocopia del predecessore, ma il successore di Pietro, che presiede l’unità e la carità, con le sue peculiarità.
Sorpresa, ancora, per una Chiesa che, nonostante le crisi, le ondate nere che l’hanno travolta, gli scandali purtroppo mai finiti... continua ad essere la Chiesa vicina a tutti, non solo ai cattolici. Vicina soprattutto ai diseredati di questo mondo. Come non pensare al coro che in piazza San Pietro scandiva le parole Leone, Leone, Leone? Gli uomini passano ma l’essenziale resta.

Infine una ultima sorpresa potrebbe aver toccato, o almeno sfiorato, noi bresciani: non è forse sembrato per certi particolari non facilmente esprimibili, di intravedere lo stile di Papa Montini, quel San Paolo VI cui la Chiesa e l’umanità devono molto?
L’augurio è che Papa Leone, non ancora settantenne, con uno stile montiniano aiuti la Chiesa non solo a muoversi ma anche a «prendere per mano» perché si cammini insieme, in un mondo che cambia vertiginosamente da tutti i punti di vista. Un Papa che esprima, solo col suo nome, la virtù della fortezza che nella tradizione cristiana non consiste nei muscoli dei gradassi ma è piuttosto la capacità di resistere e persuadere. Non è questione di forza ma di anima. Il nostro futuro ha bisogno di anima. Il primo Papa venuto da Chicago lo sa.
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