Riscoprire la «Spissighì», la cipolla in miniatura della Valcamonica

Giuliana Mossoni
L’Università della montagna ha avviato una ricerca con agricoltori e appassionati per tutelare la varietà tradizionale camuna
La cipolla Spissighì
La cipolla Spissighì
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«Spissighì», in dialetto camuno, significa qualcosa di piccolo, un pizzichino, una dose mignon. E infatti, la «cipolla Spissighì» è di taglia mini, una sorta di pallina ma dal gusto del tutto particolare. L’Università della montagna di Edolo, dopo essersi occupata dello zafferano camuno, del fagiolo Copafam, del mais Nero spinoso, del Carciofo di Malegno e della Caigua (o Ciuenlai), ha puntato l’interesse sulla cipolla Spissighì, grazie alla collaborazione con alcuni agricoltori della Valcamonica.

Unica nel suo genere

Si tratta di un prodotto unico nel suo genere, che si presenta in gruppi di piccoli bulbi generalmente da otto a dieci unità, con un diametro tra i tre e i cinque centimetri. Oltre che per il suo aspetto, si distingue per l’elevata conservabilità e germinabilità, rendendola interessante dal punto di vista agronomico e gastronomico.

L’obiettivo della nuova ricerca è far scoprire, o riscoprire, la «Spissighì», raccogliendo testimonianze storico-culturali legate principalmente alla sua diffusione e usi nella tradizione. La raccolta di informazioni è basilare per consentire, in seconda battuta, la protezione di questa «cultivar tradizionale» e del territorio dov’è stata coltivava.

Raccolta dati

La sede dell'Unimont
La sede dell'Unimont

Come in ogni studio, si parte dalla raccolta dei dati: i ricercatori di Edolo stanno contattando agricoltori, hobbisti o appassionati che hanno avuto esperienza diretta nella coltivazione o nell’impiego di questa risorsa agro-alimentare, chiedendo loro di compilare un questionario online in dieci domande. Le richieste focalizzano l’attenzione sulle caratteristiche morfologiche, sugli usi tradizionali e sulla distribuzione geografica della cipolla. Le informazioni raccolte serviranno per delineare una mappa della presenza della «Spissighì» in Valle, con l’intento di «valorizzarne la straordinaria identità agroalimentare» (scrivere a unimont@unimi.it).

«Unimont da tempo è impegnata nella valorizzazione e tutela dei territori montani, con un’attenzione alle varietà agricole tradizionali e ai prodotti peculiari dell’arco alpino – commentano i ricercatori –. Nel tempo ha sviluppato una competenza specifica nello studio e conservazione delle varietà tradizionali d’interesse agroalimentare, attraverso ricerche che combinano osservazioni morfologiche e analisi fitochimiche. Accanto alla ricerca, l’Università della montagna promuove anche la divulgazione scientifico-territoriale, per far conoscere e valorizzare i patrimoni agroalimentari locali».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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