La Nato trova l’intesa: spese aumentate al 5% per la Difesa

Per gli europei, missione compiuta. Donald Trump è venuto, ha visto, ha vinto. E la Nato è sopravvissuta. L'accordo per aumentare le spese al 5% – nella famosa divisione del 3,5+1,5 per cento – è stato approvato dai leader, confermando così l’intesa raggiunta nei giorni scorsi al livello di sherpa.
Il testo della dichiarazione finale prevede che gli «alleati stanzieranno almeno il 3,5% del Pil annuo, entro il 2035 (con verifica nel 2029), per finanziare i requisiti fondamentali della difesa e per soddisfare gli obiettivi di capacità della Nato».
Spagna
La menzione dei target permette a Pedro Sanchez di cantare vittoria, perché ritiene di poter espletare i suoi obblighi col 2,1%, così come calcolato (dice) dai militari. Trump ha scelto di non far saltare il tavolo. Però ha messo nel mirino la Spagna. «È terribile, non vuole pagare la sua quota, le applicheremo dazi doppi», ha dichiarato The Donald in conferenza stampa.

Non si è fatta attendere la risposta di Madrid: «I negoziati sui dazi si fanno con l'Unione europea». Per capirci qualcosa, bisogna concentrarsi sullo strabismo che ha caratterizzato il vertice, che resta a modo suo veramente storico. Da una parte c'è il comunicato finale: 5 paragrafi rispetto ai 44 di Washington e 90 di Vilnius. Qui carta canta e i desiderata degli Usa hanno trovato pienamente spazio.
Russia
La Russia viene definita sì «una minaccia di lungo termine» ma non ci sono riferimenti alla guerra di aggressione in Ucraina, proprio per non disturbare il processo di pace immaginato da Trump. Gli alleati poi «ribadiscono il loro impegno sovrano a fornire sostegno» a Kiev – ovvero, tradotto dal diplomatichese, ognuno fa come gli pare, specie gli Stati Uniti – ma, allo stesso tempo, il principio del «percorso irreversibile» verso la Nato scompare del tutto, proprio come chiesto dagli Usa.
«Non c'è dubbio che Mosca prenderà nota, perché per loro i documenti valgono di più delle parole», commenta un’alta fonte alleata. Ecco, poi ci sono per l’appunto le dichiarazioni. Rutte, come peraltro il premier britannico Keir Starmer, ha assicurato che le promesse fatte a Kiev in passato «restano valide». Volodymyr Zelensky, ha rimarcato, può essere «sicuro del nostro sostegno, qui è tra amici».
La questione ucraina
Soffermandoci un attimo sul dossier ucraino possiamo notare diversi dettagli significativi. Zelensky, al contrario di quanto accaduto al G7, è riuscito a incontrare Trump a quattr'occhi e si è detto soddisfatto: «È stato un confronto lungo e significativo, abbiamo affrontato tutte le questioni veramente importanti». Trump lo ha confermato: «Non avrebbe potuto andare meglio, Zelensky vuole vedere la fine del conflitto». Vladimir Putin, nella nuova narrazione, viene infatti bollato come «mal consigliato».

Il tycoon ha persino aperto alla possibilità di fornire nuove batterie di Patriot a Kiev. Zelensky, infine, ha avuto un mini vertice con i Paesi dell'E5 (Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Italia, in pratica il direttorio dei volenterosi), in cui ha incassato la promessa di «nuove sanzioni alla Russia». Tutto considerato, insomma, è il massimo che si poteva ottenere. Soprattutto, sia nel comunicato finale che nelle affermazioni di Trump, viene riaffermato il principio sacro dell’uno per tutti e tutti per uno, ovvero l’articolo 5, che sta alla base della Nato.
Sanchez, dal canto suo, ha rivendicato il diritto ad avere un percorso diverso, che premi «la Spagna e il welfare». «Con Madrid tratteremo direttamente», ha tagliato corto il presidente Usa, interessato chiaramente ad incassare il «successo monumentale» del summit dell'Aja. L’arabesco diplomatico del comunicato finale mette sullo stesso piano il 3,5% e il raggiungimento degli obiettivi di capacità Nato, e questo vale per tutti. L'Alleanza sostiene che appunto ci vorrà il 3,5%, mentre Madrid si discosta con «una scelta sovrana», optando per lo scontro con gli Usa.
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