Cronaca

Sì unanime al ddl femminicidio, ma la destra frena sul dissenso

Nonostante l'iter accelerato, la maggioranza chiede approfondimenti, ottiene un breve ciclo di audizioni e rallenta l'iter. «Vogliono affossare il provvedimento» è invece la lettura delle opposizioni
Elly Schlein e Giorgia Meloni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Elly Schlein e Giorgia Meloni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Con l'ok unanime della Camera in seconda lettura (il primo ok fu al Senato il 23 luglio scorso), il ddl sul femminicidio diventa legge. Il testo, di iniziativa governativa e frutto di una mediazione fra i gruppi in commissione, introduce l'articolo 577 bis del Codice penale che disciplina il reato di femminicidio e punisce con l'ergastolo chiunque provochi la morte di una donna, «commettendo il fatto con atti di discriminazione o di odio verso la vittima in quanto donna, ovvero qualora il fatto di reato sia volto a reprimere l'esercizio dei diritti, delle libertà ovvero della personalità della donna».

Previste anche norme sui benefici penitenziari nei confronti dei condannati per femminicidio, e altre che rafforzano gli obblighi di formazione per la lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica. Tra i punti salienti dell'articolato, c'è l'esclusione dei reati del Codice rosso dal limite di 45 giorni per le intercettazioni e il contrasto alle droghe dello stupro (sarà più semplice individuare l'assunzione da parte della vittima di sostanze psicotrope e dimostrarne la somministrazione per utilizzarla come prova in tribunale, accertando la violenza).

La legge prevede anche che il giudice informi non solo la persona offesa, ma anche i suoi congiunti in caso di revoca o attenuazione del divieto di avvicinamento, maggiori tutele per gli orfani di femminicidio e braccialetto elettronico potenziato (che si attiva ad 1 chilometro invece che a 500 metri). 

Sul consenso

Per ora resta solo la foto della stretta di mani tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Il consenso «libero e attuale» delle donne – che, se manca, certifica la violenza sessuale, segno dell'accordo bipartisan siglato dalle due leader – dovrà aspettare a diventare legge. Al Senato, a un passo dall'approvazione definitiva, il centrodestra ha frenato il disegno di legge sulla violenza sessuale rivoluzionato, appunto, dal consenso. Nonostante l'iter accelerato, la maggioranza chiede approfondimenti, ottiene un breve ciclo di audizioni e rallenta l'iter. Apparentemente non convince la pena per i casi di minore gravità, diminuita non oltre i due terzi. Ma è sull'attualità del consenso che covano i dubbi maggiori.

Opposizioni

«Vogliono affossare il provvedimento» è invece la lettura delle opposizioni. Spiazzate dal dietrofront «inspiegabile», i parlamentari di Pd, M5s, Avs e Iv hanno lasciato la commissione Giustizia che aveva cominciato a discuterne. Salta la speranza di un voto unanime in aula – com'è stato alla Camera il 19 novembre – e simbolico per rimarcare la ricorrenza. Ma è soprattutto il patto tra Meloni e Schlein a vacillare. «L'hanno tradito e a questo punto come possiamo credergli? Sono dei voltagabbana», ripete in coro il centrosinistra chiamando in causa la premier che sarebbe stata «smentita dai suoi».

La segretaria del Pd fa di più. Sente la presidente del Consiglio «proprio per chiederle di rispettare gli accordi». Non svela però la sua risposta. «Questo dovete chiederlo a lei», si limita a dire uscendo da Montecitorio dove ha votato l'altro tassello della lotta alla violenza di genere, il disegno di legge che ha introdotto il reato di femminicidio. E che ha rischiato di stopparsi per la protesta delle opposizioni, sulla scia della frenata nell'altra Camera.

Marcia indietro

A palazzo Madama il caos è scoppiatonel pomeriggio tra le pareti della commissione Giustizia presieduta dalla leghista Giulia Bongiorno. Ma la retromarcia aleggiava da un po'. Innescata da chat e mail ricevute dai senatori di maggioranza – è il racconto che ne fanno parecchi parlamentari – da parte di associazioni ed esperti che chiedono se davvero si vuole avvallare il consenso ora dirimente nelle violenze. La legge, come approvata a Montecitorio, nel suo unico articolo prevede il carcere da 6 a 12 anni per chi fa o fa compiere o subire atti sessuali a un'altra persona senza il consenso «libero e attuale».

L'aria si era fatta cupa già a mezzogiorno nella conferenza dei capigruppo dove la maggioranza avanza dubbi. Lo fa esplicitamente il presidente dei senatori della Lega, Massimiliano Romeo: di fronte al pressing delle opposizioni per un voto in Aula in giornata, chiede di esaminare bene il testo. Per mediare il presidente del Senato, Ignazio La Russa, offre «tutte le sue prerogative presidenziali» e dispone l'esame in Aula in sede redigente, cioè senza emendamenti. Ma mette le mani avanti e chiede di non macchiare la giornata con le polemiche.

In Aula

Parole che fanno intuire il clima. In effetti un'ora dopo la Lega, in commissione, si intesta le riserve. Gli alleati si accodano. Tutti chiedono di non avere fretta e di aver bisogno di ascoltare esperti e giuristi prima di decidere. Ma è troppo per le opposizioni che escono per protesta. La presidente Bongiorno ha assicurato – e lo ha poi certificato poi in Aula anche in nome delle sue storiche battaglie per le donne, specie da avvocata – che il ddl andrà avanti sperando di concludere «in poche settimane«. E promette: «Facciamola meglio e facciamola tutti insieme questa legge. Riconosco che è una proposta portata avanti prima dalla sinistra (l'iniziativa è di Laura Boldrini, ndr) ma l'impegno è farla e migliorarla un po». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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