Disagio psichico: 1.500 adolescenti in cura al Civile di Brescia

Le richieste d’aiuto erano in aumento già dal pre-Covid. La sfida è intercettare i campanelli d’allarme tra i bambini
La sfida è quella di identificare il disagio già dall'infanzia
La sfida è quella di identificare il disagio già dall'infanzia
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C’è un disagio che grida, si ribella, esplode. E c’è un disagio silenzioso, nascosto. In mezzo mille sfumature di un problema che chiede di essere ascoltato, visto, affrontato. Lo sa bene Elisa Fazzi, docente di Neuropsichiatria infantile all’Università di Brescia e direttrice della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza degli Spedali Civili: «A soffrirne sono tanti adolescenti tra i 14 e i 18 anni: solo noi ne abbiamo in carico per disturbo psichico 1.500. L’aumento, purtroppo, è progressivo. E rispetto al passato è cambiata la psicopatologia dei casi: i quadri clinici sono più complessi e caratterizzati dalla manifestazione contemporanea di più problematiche».

La professoressa - che ricopre anche il ruolo di presidente della Sinpia (Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) ed è stata eletta membro dell’Accademia francese di Medicina - si riferisce in particolare a disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, che vedono anticipare a 11-12 anni l’età di insorgenza, tentativi di gesto estremo o ideazione degli stessi, psicosi, disturbi del comportamento e dell’umore, depressione, disturbo borderline di personalità e manifestazioni di autolesionismo.

Queste ultime, ad esempio, sono sempre più diffuse: «Rappresentano una forma di anestesia emotiva - spiega la docente -: chi li compie preferisce sentire il male fisico rispetto a dare ascolto al proprio dolore emotivo. Denotano, inoltre, un bisogno di sentirsi per esistere, oltre che di essere visti». Da qui la necessità che gli adulti aprano occhi e orecchie: «Siamo tutti presi dalla nostra quotidianità e non sempre riusciamo a vedere e ascoltare i nostri bambini e adolescenti. Dovremmo, invece, creare uno spazio emotivo in cui far emergere anche le cose che non vanno e che noi abbiamo paura di sentire».

Diagnosi precoce

La docente non parla solo di adolescenti, ma anche di bambini: «Dobbiamo sfatare il falso mito che la prevenzione cominci a 14 anni: alla base può esserci un disturbo mascherato del neurosviluppo insorto precocemente, anche a 3-5 anni, e poi esploso nell’adolescenza».

I campanelli d’allarme che - non sempre sono segnali di un futuro disturbo psichico, ma sono segni di rischio - vanno dai disturbi permanenti del sonno alla disregolazione emotiva, dal deficit di attenzione alla difficoltà nelle relazioni sociali, dal ritardo nelle funzioni comunicative ai disturbi alimentari, come l’Arfid, il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo che può colpire anche i bambini. La sfida, ora, è cercare di intervenire il prima possibile: «La diagnosi precoce e il conseguente trattamento possono cambiare le traiettorie evolutive». Fondamentale, a tal proposito, è il lavoro di rete (con famiglie, scuole, Comuni, Servizi sociali...) che già si sta facendo: «I nostri interventi interdisciplinari e multiprofessionali devono avere ricadute sull’ambiente nel quale il soggetto vive».

Lavoro di rete

Definire le cause del disturbo psichico non è facile: «Si va dalla predisposizione genetica ad aspetti costituzionali, ambientali, sociali, familiari, traumatici. Rispetto alla mia generazione, sbocciata negli anni della rinascita post-guerra in cui ai giovani venivano date prospettive felici, oggi - riflette la professoressa - attorno a noi ci sono violenza, fame, guerra, instabilità e incertezza. In un contesto così è evidente che sia più facile sviluppare problematiche psichiche». Il trend dell’accesso ai servizi «è in aumento dal 2016, quindi pre-pandemia. Il Covid, infatti, ha esacerbato le situazioni rendendole più esplosive ed evidenti alla comunità».

La Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza diretta dalla prof. Fazzi, una delle più grandi d’Italia, è quella che in Lombardia ha il bacino d’utenza numericamente più rilevante (150mila persone da zero a 18 anni, delle quali il 10% potrebbe sviluppare un problema neuropsichiatrico). Attualmente segue 1.500 adolescenti che fanno parte degli 11mila pazienti assistiti in un anno. Pazienti con problematiche di natura psichiatrica o neurologica (epilessia, paralisi cerebrale, sindromi rare….), disturbi del neurosviluppo come i disturbi dello spettro autistico e malattie metaboliche. Pazienti che vedono nel reparto (che registra 450 ricoveri l’anno di cui 120-150 psichiatrici) e nelle tre sedi del polo territoriale ( Brescia, Montichiari e Gardone Val Trompia) un punto di riferimento.

A proposito di ciò ricordiamo che a luglio è stata posata la prima pietra del nuovo polo territoriale di via Nikolajewka 13, in città, che, usando le parole della professoressa, «proietta la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dei Civili nel futuro. Il Covid ci ha aiutati a capire quanto sia importante la prossimità dei servizi e il fatto che gli ospedali debbano concentrarsi sui casi gravi e urgenti: con questa consapevolezza non ci limiteremo a sposare ciò che già esiste, ma intendiamo creare qualcosa in più. Un servizio qualificato e innovativo che punti anche all’intervento precoce. Del resto è questa una delle grandi sfide che siamo chiamati ad affrontare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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