Cronaca

Rischio alluvioni, i sindaci chiedono «più potere e risorse per intervenire»

Flavio Archetti
Tedaldi (Associazione comuni bresciani): «Paghiamo conseguenze di situazioni create nel tempo come la scarsa manutenzione»
Loading video...
Dissesto e prevenzione del rischio
AA

Costituito da molti versanti montuosi e molte valli percorse da torrenti e fiumi, il territorio bresciano è pieno di zone a rischio idrogeologico.

Secondo i dati Ispra, i bresciani che vivono in un’area con pericolosità idraulica media sono ben 66mila. Da bollino rosso sono una ventina di Comuni con almeno mille persone ciascuno che risiedono nelle zone più a rischio. In un’altra cinquantina di comuni Ispra non rileva una pericolosità nemmeno media.

Dove sono

I Comuni in cui abita il maggior numero di persone in aree potenzialmente a rischio sono Brescia (8.284), Pisogne (3.284), Rezzato (2.524), Iseo (2.425), Darfo Boario Terme (2.305), Lonato del Garda (2.175), Sarezzo (1.972), Castelmella (1.929), Calcinato (1.869), Nuovolento (1.716) e Pontoglio (1.654). Ci sono però paesi, come Paisco Loveno, dove ben il 55% della popolazione vive in una zona considerata a rischio frana, una situazione che nella nostra provincia coinvolge (sempre secondo Ispra) 13.144 persone.

Le regole

La legge regionale sulla pulizia idraulica affida il potere di decidere gli interventi alla stessa Regione Lombardia e ad Aipo, l’Autorità interregionale per il fiume Po. In questo quadro i sindaci, che sul territorio sono la figura istituzionale che meglio conosce i problemi e più facilmente può venirne a conoscenza, lamentano spesso di non avere quel potere che consentirebbe di intervenire con efficacia e tempestività, magari prevenendo i problemi con opere mitigatorie. Come spiegato dalla presidente dell’Associazione dei Comuni Bresciani e sindaco di Leno Cristina Tedaldi, «il discorso è ampio e articolato».

La mancanza di potere dei sindaci arriverebbe da lontano, e sarebbe la «conseguenza di molte situazioni create nel tempo, vecchie di decenni, come la carenza di cura nelle manutenzioni, la mancanza di investimenti sui versanti montuosi e sulle valli, l’eccessiva cementificazione del territorio (che soprattutto nelle città stritola i corsi d’acqua), il disboscamento, la mancata ripiantumazione, l’impoverimento degli alvei di fiumi e torrenti (da cui vengono tolti ciottoli e sabbia per poi venderli), e per finire la forza di alcune condizioni meteorologiche, conseguenza del riscaldamento del pianeta».

Proposte

«Per riuscire a modificare una situazione in buona parte compromessa non possono certo bastare gli investimenti dei Comuni, ma servono quelli dei Governi – continua la presidente dell’Acb Cristina Tedaldi –. In questa direzione si sarebbe potuto incidere di più con i fondi europei del Pnrr, e forse questa è stata un’occasione mancata».

Di buono, continua la sindaca, invece «possiamo ricordare che oggi per le nuove costruzioni e nella redazione dei Piani di governo del territorio i Comuni devono rispettare il principio di invarianza idraulica, realizzando opere che garantiscono il deflusso sicuro dell’acqua. Non è una cosa da poco se si pensa a quanto fatto nel passato».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.