Regolazione del lago d’Idro, il progetto divide Lombardia e Trentino
Il progetto per la regolazione del lago d’Idro divide Lombardia e Trentino, tra promesse di sicurezza e proteste per i rischi ambientali. A infiammare il dibattito è la prossima realizzazione di una nuova traversa e di una galleria sostitutiva di quella esistente, considerate opere urgenti per prevenire piene e garantire risorsa idrica al comparto agricolo lombardo. Ma il nodo centrale resta l’escursione massima del livello del lago: secondo le ipotesi tecniche, potrebbe arrivare fino a 3,70 metri, superando di molto il limite di 1,30 stabilito dall’accordo del 2007, ancora in vigore.
I contrari
Durante l’audizione del 24 maggio in Terza Commissione provinciale a Trento, sette realtà territoriali tra cui Amici della Terra, operatori turistici e il Bim del Chiese hanno ribadito il loro «no» al progetto, parlando di disastro ambientale annunciato. Spiagge impraticabili, ciclabili sommerse, battello fermo, campeggi a rischio: queste le conseguenze temute. Secondo Gianluca Bordiga, presidente della Federazione delle Associazioni del Chiese, l’escursione di oltre 1,30 metri comprometterebbe l’equilibrio ecologico del lago, rifiorito proprio grazie a una gestione più sostenibile negli ultimi anni.
Dal Pirellone
Di tutt’altro tono le dichiarazioni dei consiglieri lombardi Giorgio Bontempi e Diego Invernici (FdI), che il 18 giugno in Commissione Ambiente a Milano hanno definito il progetto «strategico», reso possibile da 97 milioni di euro, con un contributo da parte del governo di 5,9 milioni. L’opera, secondo loro, non solo garantirà sicurezza idraulica e risorsa idrica per l’agricoltura, ma rappresenta una visione a lungo termine. Non tutti però in Lombardia, insieme al popolo del lago, ne sono convinti. La consigliera M5s Paola Pollini ha denunciato «confusione tecnica e mancanza di trasparenza: nessuna certezza sui veri livelli futuri e il sospetto che si voglia stralciare l’accordo attuale per favorire le richieste agricole a valle».
In Trentino
Intanto in Trentino si lavora a un Contratto di Fiume con governance condivisa, ma la definizione dei nuovi livelli idrici è rinviata al 2026. Troppe le incognite, mentre l’acqua del lago – e la fiducia dei territori – rischiano di sfuggire di mano.
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