Piazza Loggia, l’amico di Zorzi: «Lui e la strage? Nulla di vero»

«E di Gianfranco Zigoni?», gli chiedono. Del centravanti dell’Hellas Verona (139 presenze e 29 gol in cinque stagioni, tra il settembre del 1972 e il maggio del 1978) si ricorda. Tutto il resto Attilio Giuseppe De Filippi Venezia, per tutti Nico Venezia, lo ha dimenticato o forse finge di non ricordarlo. Il sospetto, al proposito, con palpabile fastidio è stato esplicitato più volte nel corso del processo a carico di Roberto Zorzi, tanto dai pm, quanto dal presidente della Corte d’assise Roberto Spanò, che più volte l’ha richiamato al rispetto della formula d’impegno «giuro di dire tutta la verità... etc, etc», ricordandogli che si può essere processati anche per falsa testimonianza.
Le giustificazioni
Nico Venezia ha ammesso solo di essere stato e di essere ancora amico dell’imputato accusato della fase esecutiva della strage di piazza della Loggia. Ha detto di aver condiviso con lui la scuola per geometri, la passione per i cani (lui allevava alani, Zorzi alleva dobermann negli Stati Uniti). Per il resto o ha respinto come fantasie le affermazioni che sul suo conto hanno fatto all’unisono diversi frequentatori dell’estrema destra veronese anni Settanta, o fornito ricostruzioni alternative (anche alla verosimiglianza) come «usavo l’accetta che mi sequestrarono a Brescia dopo il funerale di Silvio Ferrari quando facevo i pic nic con mia moglie», oppure ancora giustificato le sua amnesie con i postumi di un incidente stradale che ebbe proprio in quegli anni e per i quali saltò il militare.
Ordine Nuovo
Per ampio testimoniale agli atti Nico Venezia era uno dei più alti in grado di Ordine Nuovo veronese, intimo di Elio Massagrande (il capo) e di sua moglie «l’unica donna che frequentava l’ambiente» ha ricordato il testimone. Tanto intimo da essere, per affermazione di Umberto Zamboni, intimo di sia di Venezia che di Zorzi, da subentrargli quando questi, sciolto il Movimento Politico Ordine Nuovo, scappa dai colonnelli in Grecia per evitare un processo per ricostituzione del partito fascista. «Massagrande non mi disse nulla, scoprii da sua moglie che era partito» ha detto Nico Venezia cercando di smentire i testimoni. «Non sono mai stato iscritto a Ordine Nuovo e non sono mai stato il capo di nulla».
L’asola e il bottone
Di lui e di Roberto Zorzi, Zamboni (che oggi non c’è più ma che ha parlato molto nel corso delle indagini) disse che erano come l’asola e il bottone, sempre uniti, e che fu proprio Venezia a portare l’imputato in Ordine Nuovo. «Lo escludo» ha affermato De Filippi Venezia, che respinge un’altra affermazione dell’amico con il quale fu arrestato a Brescia per i tafferugli scoppiati dopo i funerali di Silvio Ferrari. «Uno dei nomi che mi venne fatto quale veronese coinvolto nella strage di piazza Loggia era quello di Roberto Zorzi» disse a febbraio del 2015 Zamboni. «Escludo che c’entri qualcosa» ha affermato ieri il bottone parlando dell’asola. «Del coinvolgimento di Roberto so solo da un paio di anni, da quanto ho letto sui giornali».
Anche di Brescia Nico Venezia dice di sapere poco. «Ci sono venuto solo ai funerali di Silvio Ferrari» dice prima che qualcuno che gli ricordi di esserci stato anche una quindicina di giorni prima accompagnando il camerata De Bastiani, insieme a Zorzi, a nascondersi dall’accusa del tentato omicidio di uno studente «rosso» a casa dell’ing. Enzo Tartaglia. «Non sapevo che fosse Brescia» ha detto il testimone spiegando di non aver mai chiesto a Zorzi chi li avesse accompagnati quel giorno a casa di Tartaglia e alimentando i dubbi circa la sua attendibilità.
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