Il primo passo è denunciare: così si cercano le persone scomparse

Il punto di partenza è, sempre, la denuncia. Per mettere in moto le indagini su una persona scomparsa, attivare i protocolli di ricerca e accedere ad una serie di strumenti che sono stati previsti per situazioni di questo tipo il primo passo, da parte di chi si rende conto che una persona non si trova e che potrebbe essere in pericolo, è quello di presentarsi in un ufficio della Polizia di Stato o dei Carabinieri e formalizzare la denuncia.
La procedura
Spetta infatti alle forze dell’ordine inserire il nominativo della persona scomparsa in un apposito sistema gestito dal Ministero dell’Interno e comunicare alla Prefettura di aver aperto il fascicolo. Alla forza di polizia che ha preso la denuncia poi resta in carico l’indagine, che sempre viene fatta, per capire cosa possa essere successo e cosa sia necessario fare per trovare la persona.
Gli uomini e le donne in divisa a quel punto devono capire quale sia il contesto in cui si opera, se c’è il rischio che le persone scomparse siano state vittima di reato e in quale contesto è avvenuta la scomparsa.
Se, per esempio, la denuncia arriva da un rifugista o un familiare per il mancato rientro da una escursione saranno messe in campo da subito le ricerche in montagna, attivando i protocolli specifici e mettendo in campo le tecnologie disponibili. Tra le più recenti, ed efficaci, usate anche recentemente per individuare il corpo di Fabio Festa sul Blumone, una tecnologia montata sugli elicotteri della Guardia di Finanza che permette di rilevare l’ultimo punto in cui il cellulare ha agganciato una cella oppure termocamere che, in volo, possono trovare persone vive.
In tutti gli altri casi, prima di mettere in moto ricerche sul terreno, si effettua una scrupolosa raccolta di informazioni, consultando le banche dati dei diversi ministeri e quelle interforze. Serve capire se la persona fosse sotto minaccia o avesse motivi per temere per la propria sicurezza o anche se, vivendo situazioni particolari, potesse avere intenzioni suicide.
Le forze di polizia comunque verificano e cercano riscontri ad ogni parola che viene inserita nelle denunce, per escludere e prevenire eventuali tentativi di depistaggi.
Due canali quindi. Le indagini, per capire cosa possa essere successo, che sono affidate alle forze di polizia e che si basano anche sugli strumenti tecnici come individuazioni telefoniche, lettori targhe, telecamere di sorveglianza e poi le ricerche fisiche che mettono in campo gli specialisti dei Vigili del fuoco, del Soccorso alpino e della Protezione civile con gli strumenti all’avanguardia.
Le parole del prefetto
Le operazioni sono in capo alla Prefettura e quella di Brescia è dotata di un preciso piano provinciale che garantisce interventi efficienti. «Quando sono arrivato a Brescia ho trovato una macchina organizzativa molto buona e collaudata – ha spiegato il prefetto Andrea Polichetti –. Anche se molti casi sono legati ad allontanamenti volontari, ho notato che i nostri operatori – dai Vigili del fuoco alla Protezione civile passando per il Soccorso alpino – hanno molto lavoro da fare e dunque le esercitazioni non finiscono mai e vengono fatte su casi reali».
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