Per Coldiretti e Confagricoltura il dl flussi «semplifica i tempi»

Il cosiddetto decreto flussi in agricoltura, varato di recente dal Consiglio dei ministri, interviene su molteplici aspetti, tra cui anche la tutela dei lavoratori stranieri vittime di caporalato. Il settore agricolo al livello nazionale impiega oltre 1,05 milioni di dipendenti, ma nei campi mancano centomila lavoratori per garantire la raccolta dei prodotti e la lavorazione dei terreni.
Coldiretti
Secondo Coldiretti le imprese che assumono dipendenti in agricoltura sono oltre 185.000 ed occupano circa di un milione di lavoratori, per oltre 120 milioni di giornate di lavoro, di cui circa un terzo è rappresentato da occupati provenienti da altri Paesi, con rumeni, indiani, marocchini, albanesi e senegalesi in testa alla classifica delle nazionalità più presenti. Nella nostra provincia ci sono oltre 9.300 aziende agricole con quasi 14 mila addetti di cui il 43% sono stranieri e di questi il 59% sono extracomunitari.
Tempo determinato
L’agricoltura nella nostra provincia conta per il 30% su contratti a tempo indeterminato e come a livello nazionale si caratterizza per una netta prevalenza di lavoratori a tempo determinato (89%), sebbene negli ultimi anni si registri un leggero incremento del tempo indeterminato e delle giornate lavorate. Una presenza importante che non basta però a coprire le necessità delle imprese agricole, anche per alcune lacune nell’attuale normativa, a partire dal meccanismo del click day, con poche quote e non tempestive rispetto alle esigenze di stagionalità del settore agricolo.
Passo importante
Per Coldiretti le modifiche approvate con il nuovo decreto rispondono alle richieste avanzate e rappresentano un passo importante verso la semplificazione e il rispetto dei tempi di ingresso dei lavoratori. In particolare, sottolinea Coldiretti, il non doversi recare più a sottoscrivere il contratto di soggiorno allo sportello unico, ma in modalità digitale, consentirà di velocizzare la conclusione dell’iter burocratico. Importante, sostiene l’organizzazione agricola, il superamento delle quote per le conversioni dei permessi di soggiorno da stagionale in permessi a tempo determinato o indeterminato.
Confagricoltura
Anche Confagricoltura ha valutato positivamente alcune delle modifiche apportate alla disciplina di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, soprattutto la possibilità di convertire i permessi di lavoro stagionali in permessi per lavoro subordinato al di fuori delle quote individuate del decreto flussi.
L’Organizzazione degli imprenditori agricoli ha altresì condiviso, in via generale, la necessità di apportare correttivi finalizzati a superare le criticità emerse in occasione degli ultimi «click day» per garantire una maggiore trasparenza, a condizione che tali interventi non si traducano in aggravi delle procedure.
Il sindacato
Dalla carenza di case per i lavoratori alla tecnologia, passando per lo ius soli e una mancanza di operatori che sta diventando strutturale. Il segretario di Cgil Brescia, Francesco Bertoli, vede il dato sulle 60.000 carenze per Brescia nei prossimi dieci anni come verosimile, e articola il discorso su più capitoli.
Sul tema stranieri, «si dovrebbe partire dalla concretizzazione dello ius soli o dall’acquisizione della cittadinanza più rapida, provvedimento che consentirebbe a chi è già in Italia ed è già inserito in società di diventare una risorsa migliore grazie a migliori diritti e migliori garanzie».
La tecnologia «va governata regolamentando la situazione. Se per esempio si è sicuri che si perderanno posti di lavoro, istituzioni e organi preposti si dovranno adoperare per capire quali saranno, quanti saranno, e come gestire le disoccupazioni, perché dietro ogni lavoratore c’è una famiglia che dello stipendio ha bisogno».
Che la carenza stia diventando strutturale invece si capirebbe anche «dalla mancanza di partecipazione ai concorsi pubblici, dove il personale opera da tempo sotto organico e i deficit sono ormai strutturali». A complicare le cose «c’è anche l’estrema difficoltà per i lavoratori a trovare un appartamento in città o nei comuni limitrofi a costi accessibili – ricorda Bertoli –. Così si verificano situazioni come quelle di Iveco o Poste, dove gli assunti si licenziano e tornano al sud».
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