CronacaBassa

Pedopornografia: «Il don usava sim inglesi e app per celare identità»

Tra i dettagli dell’indagine della Polizia postale che ha portato all’arresto di Jordan Coraglia anche la catalogazione dei file scaricati e l’apertura di un gruppo Telegram
Loading video...
Don Coraglia, le accuse
AA

Un paio di sim inglesi. E un’applicazione per coprire la navigazione online. Accorgimenti che don Jordan Coraglia, 51enne parroco di Castelcovati arrestato la scorsa settimana con l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico, avrebbe utilizzato durante le navigazioni e le consultazioni di banche dati e chat di Telegram per rimanere nell’anonimato.

Le accuse

Espedienti che si sono rivelati inutili. Gli agenti del servizio centrale per il contrasto alla pedopornografia online della Polizia postale infatti sono riusciti a rintracciarlo, così come hanno rintracciato diverse decine di altri fruitori.

Don Coraglia, che al momento risulta l’unico bresciano raggiunto dall’inchiesta, non si sarebbe limitato a partecipare alle chat, ma insieme ad un altro soggetto, con il quale ci sarebbe stato un collegamento solo virtuale, nello scorso mese di febbraio avrebbe aperto un gruppo proprio su Telegram denominato «Ita», sul quale sarebbero circolati video e immagini a contenuto sessualmente esplicito con protagonisti giovanissimi, per lo più provenienti dagli angoli più svantaggiati del Pianeta. Stando a quanto riferiscono fonti investigative si tratterebbe di bambini tra i 10 e i 14 anni.

Cartelle e catalogazione

In tutto a don Jordan Coraglia, che prima di trasferirsi a Castelcovati nel 2018 è stato per anni curato a Sale di Gussago e prima ancora ad Urago Mella, gli agenti della Polizia postale hanno trovato poco meno di 1.500 file hard. La stragrande maggioranza dei quali a contenuto pedopornografico.

Gli inquirenti hanno stabilito che don Jordan ne abbia scaricati sui suoi device circa 900, più di duecento invece li abbia condivisi con altri iscritti al suo canale. Il materiale che gli agenti gli hanno trovato sarebbe stato catalogato per cartelle, organizzate seguendo un criterio geografico. Secondo la ricostruzione degli agenti della Postale e dei magistrati di Roma che hanno coordinato l’inchiesta, in un’occasione don Jordan Coraglia inoltre si sarebbe intrattenuto in chat con un ragazzino di quindici anni fingendosi suo coetaneo.

La confessione

Interrogato dal giudice delle indagini preliminari don Coraglia ha confessato. Assistito dall’avvocato Paolo Inverardi ha risposto alle domande del gip e precisato di non aver avuto atteggiamenti sconvenienti con i parrocchiani e con i giovani con i quali si è trovato a contatto nel corso delle sue esperienze ad Urago Mella, a Gussago e a Castelcovati.

Immediatamente sospeso dalla Diocesi, il parroco ora si trova agli arresti domiciliari in una località dove non c’è campo e dove non c’è nemmeno copertura della rete. L’inchiesta prosegue. Prima di chiudere le indagini ed apprestarsi a chiedere il suo rinvio a giudizio il sostituto procuratore Roberta Panico, titolare del fascicolo arrivato per competenza dalla procura di Roma, ha disposto ulteriori approfondimenti per stabilire i precisi contorni delle accuse che vengono mosse al religioso.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.