Omicidio di via Milano: «Non ho chiesto io di uccidere Ranjit»

«L’ho aiutato il giorno dopo l’omicidio. Sapevo che non avrei dovuto farlo, sapevo di agire illecitamente. Ormai però l’ho fatto e non serve a nulla dire oggi che non lo rifarei più. Gli ho dato dei soldi, quando stava per scappare. Su questa mia condotta sono pronto ad assumermi tutte le mie responsabilità. Aiutare dopo non significa aver incaricato prima: questo non lo accetto».
L’ex datore di lavoro
A parlare, attraverso le dichiarazioni spontanee lette in aula dal suo difensore, l’avvocato Gianbattista Scalvi, è Sanjeev Kumar, l’ex datore di lavoro di Ranjit Singh, il 51enne trovato senza vita in un parcheggio di via Milano la sera della vigilia di Natale di due anni fa. Secondo i carabinieri e la sostituta procuratrice Carlotta Bernardini sarebbe lui il mandante della spedizione punitiva che si concluse con il massacro dell’uomo per il quale sono a processo, oltre a Kumar, altre sei persone: Suraj Sharma, Arshdeeo Singh, Ashwinder Singh, Rahul Kumar, Hamaad Manzoor e Rohan Kumar.
Oltre ad affermare di aver saputo dell’omicidio solo il giorno successivo e di averlo appreso da Suraj Sharma, nelle sue dichiarazioni Kumar ha detto di «non aver trovato strano che si fosse rivolto a lui. Era un mio dipendente, è sempre stato una testa calda, ma l’ho sempre aiutato quando gli è servito. Quella sera mi aveva chiesto di regolare i conti economici per sé e per i lavoratori che facevano capo a lui. Stava scappando, avevamo conti in sospeso, mi ha chiesto di saldarli e così ho fatto. Ma non l’ho incaricato io».
Difesa
L’impresario edile, dopo aver ricordato di essere in Italia da 25 anni e di non aver mai commesso nulla di illecito, si è soffermato su quelle che per lui sono la prova della sua innocenza. Riguardano uno dei veicoli partiti a tutta velocità dal parcheggio di via Milano dopo l’omicidio e il presunto movente. «Quella Golf era intestata a me ed era dotata di un sistema gps che avevo fatto installare. Si può pensare che io mandi a compiere un omicidio con la mia auto e per di più tracciata minuto per minuto?».
A non reggere per Kumar anche la ragione del delitto. «Qualcuno ha detto che ho fatto uccidere Ranjit perché mi aveva bruciato le auto. Ero assicurato e sono stato risarcito. Che ragione avrei avuto a far emergere sospetti su di me?».
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