Omicidio Nuvolento, la figlia di Ragnoli: «Ci separano ancora troppi anni»

«È una conclusione dolce-amara. Dolce perché la pena è stata riformata, amara perché gli anni che ci separano sono ancora molti, e perché non sono state comprovate le violenze: il mio cuore, i miei occhi e la mia mente le hanno vividamente presente. Giusto o sbagliato, non lo devo dire io, è finita». È il pensiero, affidato al gruppo Facebook «No al fine pena mai per Raffaella Ragnoli», di Romina Fagoni, la figlia maggiorenne della donna 58enne che il 28 gennaio di due anni fa uccise con 32 coltellate il marito, nonché padre della ragazza, Romano Fagoni, sotto gli occhi del figlio più piccolo.
Il pensiero della figlia
E ieri, quando i giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno tramutato l’ergastolo in una pena di 18 anni, come concordato tra le parti, Romina Fagoni era in aula. E lei, insieme al fratello, dopo il verdetto si è avvicinata alla madre. Ieri la ragazza ha voluto scrivere anche un lungo pensiero sul gruppo che si è sempre battuto per chiedere appunto una decisione diversa rispetto al fine pena mai nei confronti di Ragnoli. Da parte sua un grande ringraziamento al gruppo per questi anni di condivisione, ma anche riflessioni su quanto accaduto.
«Tenersi tutto dentro per così tanto tempo mi ha portata a essere estremamente riflessiva. Non aver raccontato certe cose nemmeno ai miei più stretti amici mi ha imbarazzata. Assistere alla narrazione altrui mi ha immobilizzata. Mi ha fatto soffrire come un cane, io che parlo sempre tanto e metto il becco in tutto, come posso accettare l'umiliazione? Paradossale come mi sia sentita vittima e colpevole insieme».

La critica alla narrazione e agli odiatori sui social
«Come se non bastasse, i giornali hanno sferrato un calcio durissimo mentre ero già a terra – continua –. L'informazione non sarà mai neutra, equa; non sarà mai fine a se stessa, non deve tener conto dei sentimenti altrui. Lo accetto e condivido.
Ma non può essere una tenda dietro la quale ci si nasconde per poter dire ciò che il gusto macabro della gente vuole provare. Non può essere fittizia, interpretata. Deve alimentare le coscienze, non i commenti scabrosi. Ho letto tante di quelle cazzate, di quelle cattiverie. Un giorno contro di te, un giorno con te. Un giorno ti descrivono senza averti mai vista, un giorno ti chiamano per “rilasciare la tua testimonianza”».
Ma soprattutto è stata dura con chi l’ha ferita con commenti molto duri, pubblicati sulle pagine social. «La ciliegina sulla torta di questa società sì, marcia, ma specialmente senza filtri, nemmeno quelli emotivi. Perché “siamo in una democrazia”, quindi puoi essere maleducato e disumano quanto vuoi. No scusate, intendevo: puoi dire la tua opinione quanto vuoi. Ecco lì mi vergogno per loro e per la famiglia da cui provengono».
«Denunciare è importante»
«Quello che dal cuore mi sento di dire è: allontanatevi ai primi segnali di disagio – conclude Romina Fagoni, dopo aver ringraziato tutti coloro che le sono stati vicini in questi anni –. Sono certa che si riconoscano le “bizzarre e stonate” avvisaglie. Non accettatelo, non interpretatelo. Nessuno merita atteggiamenti di sofferenza. Non salverete ne aiuterete nessuno che giorno dopo giorno vi porta a fondo con sé. Astenersi dall'immettersi in determinate dinamiche non è egocentrismo, è amor proprio; è dare valore alla persona che si è. Tutti sbagliamo, ma possiamo limitare i danni circondandoci di persone che validano la nostra vita. Noi siamo, strumento e talento».
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