Natale in carcere, la lettera a Mattarella: «Qui soli e senza speranze»

Un ex detenuto ha scritto al Capo dello Stato: «Il sovraffollamento è una pistola alla tempia e a Natale è tutto più pesante. Anche la messa diventa un privilegio»
L'interno del carcere di Canton Mombello
L'interno del carcere di Canton Mombello
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Quattro pagine scritte a mano perché «in questo periodo dell’anno, caro mio Presidente, i detenuti bresciani e di tutta Italia sono soli, soli dentro». Mittente è un ormai ex detenuto che, tra Verziano e Canton Mombello, sta finendo di scontare la pena, «oggi – racconta – sono ancora in affidamento in prova, ma fino a non molto tempo fa mi trovavo recluso presso gli istituti penitenziari bresciani». Destinatario, il Capo dello Stato Sergio Mattarella, al quale ogni Natale – da qualche tempo a questa parte – viene inviata una lettera da chi vive dietro le sbarre a Brescia.

Il Natale in cella

«Caro Presidente, questi giorni nelle carceri italiane sono i più vuoti, pericolosi. Caro Presidente, guardando dalle sbarre il mondo esterno, ci si può fermare a “immaginare per un attimo di essere liberi”. Se a Canton Mombello esistono spazi come la biblioteca che consentono di “cambiare vista”, si riesce a vedere fuori dalle mura del carcere: si sentono i rumori delle auto, si vedono persone con i cappotti che vanno verso le proprie auto, poi le piante, quanti colori hanno cambiato. Proprio di fianco al muro di cinta è presente una fila di alberi che, per chi come me ha avuto un soggiorno medio-lungo a Brescia, ha potuto vedere le foglie che cadono». Poi arriva Natale e tutto dentro il principale carcere bresciano diventa tremendamente più pesante.

«Purtroppo Presidente – scrive il detenuto bresciano a Mattarella – la biblioteca, come le aree trattamentali, come anche la scuola interna al carcere, durante le tre settimane di Natale vengono chiuse. In questo periodo dell’anno i detenuti bresciani e di tutta Italia sono soli, soli dentro. In questo periodo sacro, come anche nel mese di agosto (dove tutto si ferma), perdiamo la voglia di vivere. Il Natale uccide: purtroppo alti tassi di suicidi nelle carceri si registrano proprio in questo periodo dell’anno. La solitudine, il rimorso per le nostre azioni, la mancanza delle nostre famiglie. Presidente, ritengo sia giusto pagare per i nostri errori, dobbiamo pagare. Il sovraffollamento è però come una pistola carica puntata alle tempie».

Celle troppo piene

Il tema del sovraffollamento non può essere taciuto in una realtà, come quella di Canton Mombello tristemente nota da tempo a tutti i livelli della politica per un numero sproporzionato di presenze. «Il sovraffollamento nelle carceri uccide. Il carcere bresciano di Canton Mombello oggi è al 201%. Per via del sovraffollamento negli istituti di pena italiani non è possibile finalizzare alcun progetto di reinserimento sociale. Se oggi io sono diverso lo devo a tutti coloro che hanno creduto in me, ma sono solo stato fortunato ad intraprendere un progetto a “trattamento diversificato”, perché per via dell’alto numero di reclusi non è possibile dedicare questi tipi di trattamento a tutti. Se è vero che il carcere deve essere rieducativo e non punitivo, mi domando cosa ci sia di rieducativo nel dover passare 22 ore al giorno chiusi in 2 metri quadri calpestabili?».

Da questo punto in poi la lettera del detenuto bresciano al Presidente della Repubblica diventa un vero e proprio appello. «Nelle carceri sovraffollate i detenuti vengono abbandonati e dimenticati perché non hanno la possibilità di frequentare corsi, di lavorare, di recarsi a scuola. Il sovraffollamento crea inoltre tensioni all’interno delle celle, come nel caso di Canton Mombello e come in parecchi altri penitenziari italiani. La doccia si fa sopra la turca, si cucina dentro lo stesso ambiente utile per poter fare i propri bisogni fisici. Celle umide, buie, alcune fredde. Ricordo che spesso il bagno veniva occupato talmente tanto tempo che quasi me la facevo addosso perché, sa Presidente, a Canton Mombello esistono anche celle da 10/12 persone con un solo bagno. È Natale e l’unica attività aperta è la Santa Messa. Tutti allora, di tutte le religioni ed etnie, ci affrettiamo a prendere posto in chiesa salutando don Stefano, don Adeliano e suor Angela. Certo Presidente, dobbiamo “correre in chiesa” perché con il sovraffollamento alle stelle anche la messa diventa un privilegio per pochi. È Natale e i corridoi polverosi di Canton Mombello si fanno sempre bui, lo stesso buio che sento dentro me pensando ora a coloro che stanno vivendo tutto questo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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