Duomo di Brescia, la messa in suffragio di papa Francesco
Siamo tutti fratelli. Papa Francesco ne era talmente convinto che a questa verità che considerava essenziale aveva dedicato una lettera enciclica, «nella quale aveva fatto risuonare le grandi parole della comunione che Dio da sempre desidera per i suoi figli: la fraternità, la solidarietà, l’amicizia sociale, il rispetto, la benevolenza, la gentilezza, il perdono». Ad ascoltare le parole del vescovo Pierantonio Tremolada durante la messa in suffragio di papa Francesco c’era una cattedrale affollata come raramente accade; la partecipazione così numerosa alla messa bresciana in suo suffragio è stata l’ennesima dimostrazione del legame fortissimo tra Bergoglio e il suo popolo.
Montiniano
Papa Francesco considerava san Paolo VI un riferimento, un suo padre spirituale, lo ha sottolineato anche monsignor Tremolada. In piena sintonia con il pontefice bresciano, «che tanto amava», «egli considerava l’incontro e il dialogo le grandi vie che l’umanità è chiamata a percorrere nell’edificazione della vera civiltà. Le diverse religioni, assunte dalle coscienze rette come sentieri che conducono a Dio, erano ai suoi occhi la garanzia per un mondo di giustizia e di pace».
E ancora: «Egli ha raccolto, in piena sintonia con i suoi predecessori, l’eredità del Concilio Vaticano II e ha spronato la Chiesa ad essere aperta alla missione, custode della speranza del mondo, appassionata per l’annuncio di quel Vangelo che è capace di dare a ogni vita pienezza e felicità».
Il pontificato di Bergoglio
Il vescovo Tremolada ha poi ricordato quelle espressioni che hanno contraddistinto il pontificato di Bergoglio: la Chiesa in uscita, «che non attende ma va incontro, che non si presenta mai con un volto triste, che fa sentire tutta la freschezza del Vangelo; una Chiesa dove ogni cosa dovrà diventare un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione»; la Chiesa che è come un ospedale da campo dopo una battaglia, «che accoglie tutti, tutti, tutti, specialmente quelli che sono feriti, nel corpo e nello spirito; una Chiesa che è capace di fasciare le piaghe, di dare consolazione, di offrire sempre la possibilità di riscatto, nel nome del suo Signore». E poi la Chiesa dei volti, «che, avendo contemplato il volto misericordioso del Cristo crocifisso, riconosce nel volto di ciascuno la sua nobile immagine, soprattutto in quello dei poveri, degli ultimi, dei più piccoli, di quelli che il mondo pone all’ultimo posto».
Quindi la Chiesa «carovana solidale», perché «ha accolto e trasmette la mistica del vivere insieme, di mescolarsi, di prendersi in braccio, una Chiesa che si sente invitata dal suo Signore alla rivoluzione della tenerezza». Collegandosi all’Anno Santo, «una Chiesa, infine, che ha fatto proprio l’invito del Giubileo e si presenta come un popolo di pellegrini di speranza, umile e forte insieme, custode del futuro perché impegnata a seminare nel presente germi di pace e di giustizia».
La società
«Appassionato per i destini del mondo e severo nel suo atteggiamento di fronte a un modello di società che considerava troppo condizionato da un paradigma pericoloso, imperniato sulla economia del profitto e sulla tecnologia freddamente votata al suo servizio», papa Francesco ha proposto, in particolare nella sua enciclica Laudato Sì, «il modello alternativo di una ecologia integrale, il cui principio guida è la dignità di ogni persona e il cui obiettivo è il bene comune, che include a pieno titolo anche il rispetto per il creato».
Del resto Bergoglio si ispirava al santo d’Assisi non solo nel nome: «In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» ha scritto nella Laudato si’. «La bellezza dell’amore umano lo aveva colpito interiormente e di questo amore ha voluto cantare la bellezza – ha sottolineato il vescovo Tremolada –. Ne è nata l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, il testo più lungo da lui scritto, nel quale papa Francesco canta l’amore come la realtà che più avvicina l’uomo a Dio, che anzi lo rende pienamente simile a lui, l’amore che porta in sé il segreto insondabile da cui attinge la sua verità come da una sorgente».
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