Jolanda Renga e il revenge porn: «Sono i carnefici a doversi vergognare»

Francesca Marmaglio
La ragazza bresciana, vittima di una tentata estorsione a sfondo sessuale, è stata ospite all’Università Cattolica nella Giornata contro la violenza sulle donne
Jolanda Renga all'Università Cattolica di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Jolanda Renga all'Università Cattolica di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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«Pubblicherò le foto che ho di te nuda. Se non paghi ti rovino la vita». Il messaggio arriva sul telefono – in un normale pomeriggio di ottobre – di Jolanda Renga, figlia di Francesco e Ambra Angiolini. La prima reazione è paura e vergogna: «Quelle foto non esistevano, ne ero certa – racconta Jolanda ospite in Cattolica a Brescia per la giornata contro la violenza sulle donne - , ma nonostante questo sono andata in panico. Ho subito chiamato mamma e papà, mi sono sentita violata: le foto non c’erano, ma anche se ci fossero state, nessuno ha il diritto di usare una violenza così. Nessuno».
Jolanda è stata vittima di revenge porn e, dopo aver denunciato il fatto, ne ha parlato sui social, dove è molto attiva e dove parla spesso di tematiche sociali: «Ho pensato che potesse essere utile farlo – spiega la 21enne bresciana – perché chissà quante ragazze prima di me si sono trovate in questa situazione. Non siamo noi a doverci vergognare, ma i carnefici. Mi sono arrabbiata con me stessa per essermi biasimata, anche solo per quel primo momento, perché anche se è una cosa inconscia è un retaggio sbagliato, che dobbiamo curare».

Jolanda, accompagnata dal padre, ha parlato ad una platea di centinaia di studenti delle scuole superiori e dell’università: «La violenza ormai sembra prendere il sopravvento, i social sono un luogo pieno di aggressività – dice Jolanda Renga – . Io spesso vengo attaccata, insultata e offesa, la mia arma è la gentilezza, ci credo molto. Penso sia spiazzante ricevere una risposta gentile, quando l’ingiuria è fatta per ferire gratuitamente».

Il messaggio alle sue coetanee e alle donne in generale è quello di chiedere aiuto: «So che non è facile – dice Jolanda –, ma dobbiamo sforzarci di farlo. Affidate i vostri dolori, le vostre paure a chi vi vuole bene e fatevi aiutare. Siate coraggiose, anche se è difficile».
La soluzione per la giovane scrittrice potrebbe essere la scuola: «Credo che non si possa affidare questo compito esclusivamente alle famiglie – conclude – perché non tutte le famiglie hanno un background culturale forte o preparato. Per questo penso che la scuola debba fare molto di più, è il primo luogo in cui stiamo insieme, la prima comunità di cui facciamo parte. Serve partire da lì per educare alla corretta affettività e sessualità».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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