Cronaca

Ricatto a Jolanda Renga, in audizione parlamentare: «Ho paura dell’AI»

«Io credo che sia importante lavorare sin dalle elementari, per quanto riguarda l'educazione sessuo-affettiva», ha detto davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio
SPETTACOLI BRESCIA LIBRERIA RINASCINATA PRESENTAZIONE LIBRO QUALCOSA NEL MODO IN CUI SBADIGLIA JOLANDA RENGA NELLA FOTO JOLANDA RENGA 06/10/2023 MARCO FOGLIA AGENZIA REPORTER
SPETTACOLI BRESCIA LIBRERIA RINASCINATA PRESENTAZIONE LIBRO QUALCOSA NEL MODO IN CUI SBADIGLIA JOLANDA RENGA NELLA FOTO JOLANDA RENGA 06/10/2023 MARCO FOGLIA AGENZIA REPORTER
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«Il 10 ottobre ho ricevuto un messaggio da un numero sconosciuto con un prefisso americano che diceva: “Pubblicherò a mezzanotte le foto che ho di te nuda e dì pure ad Ambra, se non riceverò 10mila euro ti rovinerò la vita”. In quell'istante mi sono sentita senza difese, in imbarazzo di fronte alla parola nuda, perché il mio corpo è mio e vorrei poter decidere io a chi mostrarlo, se e come, ma in quel momento ho avuto paura che anche se manipolate le foto sarebbero state pubblicate e io non avrei potuto farci niente». Lo ha detto Jolanda Renga, figlia di Ambra Angiolini e Francesco Renga, nel corso dell'audizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio dove è stata accompagnata da sua mamma.

«Mi sono sentita esposta, vulnerabile e colpita nel punto più fragile: la mia dignità. Perché ci sono sempre due costanti che accompagnano la diffusione di queste immagini vere o manipolate: le migliaia di ricondivisioni sui social e sui gruppi, nel privato, e i giudizi terribili che scavano dentro di te come persona – ha aggiunto –. La reazione pubblica, infatti, non è quasi mai di empatia, anzi spesso è di scherno, di accusa e di violenza verbale. Io ho scelto di denunciare ed espormi non per cercare visibilità o compassione, ma ho sentito il dovere di farlo per chi non ha la mia stessa sicurezza o fortuna nell'avere un rapporto sereno e sano con la propria famiglia, per chi non ha una figura di riferimento di cui si fida e per chi si sente solo e non sa come uscire da una situazione simile».

Jolanda Renga ha raccontato di aver chiamato subito suo padre e insieme si sono rivolti alle forze dell'ordine. «Mi ha salvato sapere di poter chiamare mio papà, mia mamma, il mio fidanzato, insomma non ero sola, e questo credo sia una fortuna – ha spiegato – Se fossi stata sola probabilmente sarei andata nel panico. Seppure io sapessi che non esistevano materiali in giro la mia paura più grande era quella dell'intelligenza artificiale». 

I commenti

«Dopo aver denunciato anche pubblicamente sui social, ho riflettuto molto sulla natura dei commenti che ho ricevuto e sono giunta alla conclusione che la mia generazione è circondata da pessimi esempi». Ha proseguito Jolanda Renga. «Ho provato a immaginare cosa accadrebbe al mondo se le persone usassero nella vita vera lo stesso linguaggio che utilizzano online, sui social», ha precisato prima di leggere davanti ai membri della commissione alcuni dei commenti ricevuti in seguito alla denuncia sui social. Messaggi come: «Se non avevi foto nuda, di che ti preoccupi?», «I problemi sono altri».

«Altri invece hanno completamente ignorato il senso della denuncia e hanno pensato di avventarsi sul mio aspetto – ha raccontato ancora – “Che dentoni, ma quanto è brutta, poverina”. Io sinceramente mi vergognerei a scrivere questi commenti. Non a riceverli e nemmeno se avessi inviato delle foto». Jolanda Renga ha precisato che «sono stati tutti scritti da persone adulte».

L'educazione a scuola

«Io credo che sia importante lavorare sin dalle elementari, per quanto riguarda l'educazione sessuo-affettiva perché poi i bambini, i ragazzini, se appunto a casa non hanno una struttura familiare, questa fortuna, dove imparano queste cose? Su internet?». Così Jolanda Renga, ha risposto a una domanda del senatore del Pd, Filippo Sensi. «Io non credo che a casa ognuno possa ricevere una formazione così complessa e completa e rispettosa, anche perché non tutti hanno i mezzi per farlo e magari c'è proprio anche un fattore di disagio nel parlare di queste cose con i propri genitori che invece magari può essere sdoganato attraverso delle lezioni tenute da professionisti che possono adattarle al pubblico che si trovano davanti»

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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