Festival dell’educazione: «Un insegnante per ogni studente»

Barbara Fenotti
Lo scrittore ed educatore Eraldo Affinati ospite in Università Cattolica per parlare del metodo Wirton
Eraldo Affinati, ospite al Festival dell'educazione
Eraldo Affinati, ospite al Festival dell'educazione
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Imparare una lingua significa molto più che conoscere parole nuove: è aprire una porta, costruire un ponte, trovare finalmente casa in un luogo che sembrava estraneo. È questa l’intuizione da cui sono nate le scuole Penny Wirton, realtà che in Italia da quasi vent’anni offre gratuitamente l’insegnamento dell’italiano ai migranti.

Sessantacinque postazioni didattiche sparse dal Sud al Nord del Paese, tutte animate da un’idea semplice e radicale: niente voti, niente classi, un insegnante per ogni studente. Una rivoluzione gentile che porta la firma di Eraldo Affinati, scrittore ed educatore intervenuto ieri nell’ambito del Festival dell’educazione all’Università Cattolica. «La prima scuola Penny Wirton è nata a Roma nel 2008 – racconta –, quando io e mia moglie Anna Luce Lenzi ci siamo resi conto che i ragazzi migranti avevano bisogno di un’attenzione personalizzata. Allora abbiamo deciso: ognuno di loro avrebbe avuto un professore tutto suo. Il nome viene da un racconto di Silvio D’Arzo, Penny Wirton e sua madre, che ci ha sempre ispirati: il protagonista somiglia molto ai nostri minorenni non accompagnati».

Il modello

Da quell’intuizione la rete è cresciuta senza sosta. «Molte associazioni hanno riconosciuto nel nostro metodo, basato su empatia e fiducia, un modello da seguire – spiega Affinati –. Così ci hanno chiesto di far parte del progetto. Anche a Brescia è stato così: ricordo la visita alla sede ospitata nel tempio sikh di via dei Cimiteri, dove i bambini ci hanno accolto con gioia».

Educare, però, non significa soltanto trasmettere nozioni. «Oggi vuol dire soprattutto insegnare il senso del bene comune e aiutare i giovani a orientarsi nella rivoluzione digitale». E qui la letteratura, per Affinati, resta una bussola.

«Non è mai sterile erudizione: leggere i Promessi sposi ti fa capire chi siamo e perché siamo diventati così. La narrativa può ancora incidere sulle coscienze, purché intercetti i linguaggi delle nuove generazioni».

Insegnamenti

Anche nei suoi libri più recenti la prospettiva educativa rimane centrale. In «Le città del mondo» (2024) racconta viaggi e incontri che diventano specchio di umanità, come quello con Andrej, ragazzino ucraino conosciuto alla Penny Wirton. In «Testa, cuore e mani» torna ai grandi educatori del passato, da don Bosco a Montessori, mentre in «Per amore del futuro» sottolinea che «ogni insegnamento è un testimone consegnato a fondo perduto, con la speranza che chi lo riceve sappia metterlo a frutto».

San Giovanni Bosco
San Giovanni Bosco

E se gli si chiede un appello alle istituzioni, Affinati sorride: «Ho più fiducia nelle persone che nei decreti. Le identità non sono monadi chiuse: si formano e si rafforzano nel confronto». Forse è per questo che, alla fine, sono sempre i ragazzi a sorprenderlo. «Quando tornano a insegnare alla Penny Wirton anche dopo i tirocini obbligatori, capisco che l’educazione ha lasciato un segno. E ogni volta – conclude – sono loro a impartire la lezione più autentica, ribaltando il mio orizzonte d’attesa».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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