Il vescovo alla vigilia di Natale: «La vera pace è frutto della salvezza»
«Oggi è nato per noi un Salvatore. Non “un” salvatore, ma “il” Salvatore, colui che ha un nome preciso: Gesù, il Signore. Questo è l’annuncio che gli angeli danno ai pastori». Così è iniziata l’omelia del vescovo Tremolada nella messa della vigilia di Natale celebrata ieri sera in Duomo a Brescia.
«Stasera vorrei fermarmi con voi proprio sulla figura dei pastori – ha proseguito mons. Tremolada –, invitandovi a mettervi nei loro panni. Anche noi oggi possiamo condividere la loro esperienza. L’angelo appare loro nel cuore della notte, nelle campagne di Betlemme; un luogo che allora non aveva un grande valore, se non per essere stata la città della famiglia di re Davide. Eppure, nonostante la dinastia di Davide si fosse estinta, il profeta aveva promesso: "E tu, Betlemme di Giudea, non sei la più piccola città della Giudea: da te nascerà colui che pascerà il mio popolo».
La veglia dei pastori
Il vescovo ricostruisce l’esperienza dei pastori, che mentre vegliano all'aperto per custodire le greggi dalle bestie feroci o dai furti vedono apparire un angelo sfolgorante di luce. «Non temete – dice –, vi annuncio una grande gioia per tutto il popolo: oggi è nato per voi il Messia, il Cristo Signore».
«Dopo l’annuncio – spiega Tremolada –, ai pastori si unisce una moltitudine di angeli che cantano: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama". Ma quando i pastori vanno a vedere, cosa trovano? Non un sovrano potente nel senso umano, ma un bambino avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia. Dietro questa scena così semplice si cela la rivelazione dell'amore di Dio».
La pace
«Anche noi siamo chiamati a meravigliarci di fronte alla semplicità del presepe, intuendo che lì si manifesta il mistero dell'Incarnazione: Dio è venuto in mezzo a noi. Davanti all'annuncio della pace, forse anche i pastori si saranno chiesti come fosse possibile ottenerla in un mondo difficile, dove bisogna difendersi dai furti e dalle aggressioni. Ancora oggi, noi sentiamo il rischio di considerare la pace un'utopia o un'illusione, specialmente quando vediamo territori distrutti e popolazioni in guerra. La pace, se deve essere vera, è frutto di una salvezza – ha concluso il vescovo –. Abbiamo bisogno di essere salvati perché la pace diventi possibile nei nostri cuori. Se i cuori non guariscono dall'orgoglio – quello dei potenti, ma anche quello quotidiano di ognuno di noi – la pace resta impossibile. C’è bisogno di una conversione, di una rigenerazione. Poiché Dio ama l’umanità, la pace sarà sempre possibile a patto di fidarsi di Lui e lasciarsi guarire dal suo amore».
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