Tra ragnatele e morti viventi Halloween a Pezzaze è in miniera
Tra ragnatele che penzolano nei cunicoli bui, morti che tornano in vita e un trenino che si immerge nelle profondità della montagna: per Halloween la Miniera Marzoli di Pezzaze si è trasformata anche quest’anno nel teatro perfetto per la notte più spaventosa dell’anno. Una tradizione nata dodici anni fa e che ormai si è trasformata in un appuntamento fisso per l’alta Valtrompia ma non solo.
«Quest’anno abbiamo avuto 650 partecipanti, provenienti da Brescia e provincia ma anche dalle città confinanti: negli anni ci sono stati turisti da Milano, Cremona, Bergamo e Mantova, e molti soggiornano in valle nelle strutture ricettive del territorio – ha commentato con soddisfazione Anselmo Agoni presidente della Cooperativa Ski-Mine, che gestisce la miniera e altre due strutture simili tra Brescia e Bergamo –. Siamo molto soddisfatti del lavoro fatto in questo luogo, rivitalizzato grazie anche a serate come questa».
I partecipanti, dopo essersi muniti di caschetti, sono saliti su un trenino giallo, che li ha rapidamente condotti sottoterra al centro della montagna: qua, guidati da una figurante chiamata Martina, il viaggio si è dipanato per un’ora tra i cunicoli addobbati a tema, tra stalattiti, canaletti d’acqua e tratti completamente immersi nell’oscurità. Ad accompagnare – e soprattutto, a terrorizzare – i partecipanti una ventina di figuranti, tutti personaggi tratti dal libro «Madòra che pòra» di Giovanni Raza che hanno raccontato la loro storia: una delle giovani danzatrici di Graticelle, uno dei contrabbandieri morti alle Sette Crocette del Maniva, una giovane morta di sete secoli prima nei cunicoli bui e sinistri della miniera.
Tra il pubblico tante famiglie, bambini, ma anche giovani coppie e ragazzi, che al termine della visita hanno potuto gustarsi polenta taragna e pane e salamina in compagnia. Tra i più piccoli, c’è stato chi sul finale, una volta tornati all’aria aperta, ha ostentato coraggio «Io non ho avuto neanche un po’ paura», si è vantato qualcuno. Altri sono stati forse più onesti, e hanno ammesso candidamente: «Beato te, io ne ho avuta moltissima!».
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