Pamela Genini uccisa con 24 coltellate: «Se lo lascio mi ammazza»

La vittima dell’omicidio di Milano, modella e imprenditrice bergamasca, aveva 29 anni. Aveva già manifestato dei timori
Pamela Genini, modella e imprenditrice bergamasca uccisa a Milano
Pamela Genini, modella e imprenditrice bergamasca uccisa a Milano
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Se lo lascio mi uccide». E così è stato. Lui ha fatto irruzione a casa, aprendo la porta con una copia delle chiavi fatta qualche settimana fa, mentre lei era al cellulare con l'ex fidanzato, con cui era diventata amica e al quale aveva confidato i suoi timori. «Aiuto, aiuto, aiuto», sono le sue ultime parole prima di interrompere la conversazione. Poi un messaggio disperato. «Teso ho paura ha fatto doppione chiavi mie, è entrato, non so che fare, chiama polizia».

L’allarme

Quando sono arrivati gli agenti delle volanti lei era ferita. Ha risposto al citofono fingendo una consegna a domicilio e indicando il piano. L'hanno sentita gridare e quando sono riusciti a aprire la porta era a terra che respirava «sempre più affannosamente». Non è riuscita a salvarsi per pochi minuti Pamela Genini, 29 anni, modella e imprenditrice nata a Bergamo e uccisa martedì sera con almeno 24 coltellate attorno alle 21.30 nel suo appartamento alla periferia di Milano.

Nel pomeriggio aveva chiuso «defintivamente» la relazione con Gianluca Soncin, 23 anni più anziano, biellese di origine, in passato arrestato per una truffa attraverso la compravendita delle auto di lusso e con precedenti per aggressioni. Una relazione cominciata nel marzo 2024, in cui lui ben presto aveva mostrato di essere violento e possessivo: botte e calci, vestiti stappati di dosso, una pistola puntata al ventre, continui soprusi e minacce di morte a lei e ai suoi genitori. L'aveva persino costretta a lasciare il lavoro e a trasferirsi a Cervia da lui ed aveva già cercato di ferirla con un coccio di bottiglia e pure di accoltellarla. Cosa che l’altra sera ha fatto, salvo poi inscenare un tentato suicidio.

Il delitto

Prima ha colpito con un coltello a serramanico Pamela e poi si è inferto dei tagli che hanno comportato una notte all'ospedale di Niguarda, un fermo e un interrogatorio nel quale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri mattina è stato dimesso ed è stato trasferito in cella, a San Vittore, con l'accusa di omicidio, aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi, dalla relazione sentimentale, dalla crudeltà e dallo stalking.

A fermarlo è stata la pm Alessia Menegazzo, che coordina le indagini con la procuratrice aggiunta Letizia Mannella, e che subito dopo il femminicidio ha sentito parecchi testimoni. Non solo alcuni vicini di casa che hanno sentito una voce femminile invocare aiuto e gridare «non lo farò più», «ti amo», «smettila, ho una famiglia» o hanno visto la giovane urlare inginocchiata sul balcone mentre Soncin la prendeva a schiaffi. Ma anche chi la conosceva bene e ha raccolto le sue confidenze. Ne è uscito «un quadro agghiacciante», si legge nel decreto di fermo, fatto di un crescendo di «vessazioni e di violenze».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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