L’esperto: «Fondamentali le istruzioni prima dell’arrivo dell’ambulanza»

Marco Botteri, medico rianimatore e direttore del 118 di Brescia: «I tempi dei soccorsi sono soggetti a molte variabili»
Ambulanza e eliambulanza © www.giornaledibrescia.it
Ambulanza e eliambulanza © www.giornaledibrescia.it
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Francesca Ariazzi, 36enne turista bresciana, è deceduta in ospedale a Ibiza cinque giorni dopo essersi sentita male nel porto dell'isola spagnola. Consultati dall’Ansa, i servizi sanitari delle Baleari hanno spiegato di aver ricevuto una prima chiamata di soccorso per una persona «soggetta a convulsioni» e l’ambulanza ha impiegato 13 minuti per raggiungere la ragazza al porto. A 12 minuti dalla partenza di questa prima ambulanza, e quindi un minuto prima del suo arrivo sul posto, il centralino per le emergenze ha ricevuto una seconda chiamata, che avvertiva del fatto che la turista bresciana «non respirava». In quel momento è stato allora attivato un protocollo specifico per casi di arresti cardiorespiratori e una seconda ambulanza è arrivata al porto in 4 minuti. 

I tempi

«Devo fare una doverosa premessa – spiega Marco Botteri il medico rianimatore e direttore del 118 di Brescia –: non conosco il caso specifico e nemmeno la geografia urbana di Ibiza. Posso però dire che 13 minuti per l’arrivo di un’ambulanza non è un tempo esagerato. Certo, bisogna capire qual è la distanza che separa la sede dei soccorsi dal luogo in cui la persona è stata male. Noi a Brescia ci mettiamo qualche minuto di meno, ma bisogna mettere in conto molte variabili. È molto importante che ai soccorritori vengano date le informazioni specifiche, così da mettere subito in pratica le manovre giuste che possono salvare una vita».

Come detto, i servizi sanitari delle Baleari hanno detto di aver ricevuto una chiamata per arresto cardiorespiratorio solo in un secondo momento. «In questi casi è questione di pochi minuti, quindi o l’ambulanza è fuori dalla porta oppure bisogna intervenire in altri modi prima dell’arrivo dei soccorsi – continua Botteri –. Noi mettiamo in campo le istruzioni prearrivo, che vengono fornite dalla centrale operativa a chi è presente per cominciare a fare il massaggio cardiaco e invitiamo a usare i defibrillatori se ce n’è qualcuno disponibile in zona».

Ma quanto può sopravvivere una persona in arresto cardiorespiratorio? «Il discorso è più ampio – precisa il medico –. Abbiamo detto che è questione di minuti, ma il problema principale è che più il cuore sta fermo più si rischiano danni cerebrali: proprio per questo sono fondamentali le istruzioni date a chi è in loco: in Lombardia è una cosa che facciamo sempre. Quello che succede a ogni singolo cervello poi, purtroppo, lo sappiamo solo dopo. È fondamentale che qualcuno presti subito aiuto e che i soccorsi vengano informati il meglio possibile, anche perché così si può inviare il mezzo più adatto». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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