Dislessia e discalculia: tra Brescia e provincia 1.500 casi all’anno
«Con il suo dizionario studia tanto Nunù. Ma se legge al contrario non ha colpe Nunù». Come insegna «L’Anisello» dello Zecchino d’Oro che «la G di Gatto la confonde con C» la dislessia non è causata da un deficit di intelligenza o di attenzione. Non è nemmeno una malattia, ma una caratteristica innata e non transitoria.
E, come tutti i Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), dipende da un diverso funzionamento del cervello. Prendendo in prestito le parole usate da Carlotta Jesi in un libro, è «un viaggio pieno di saliscendi tra difficoltà, tenerezze e divertimento, in cui si scoprono anche superpoteri come la creatività, un modo tutto originale e geniale di risolvere i problemi, una sensibilità particolare nel capire gli altri».
Numeri
Nella nostra provincia le richieste per sospetto di questi disturbi del neuro-sviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente (dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia) sono aumentate (+37,5% dal 2021 al 2023 nel territorio di Ats Brescia, che non comprende la Valcamonica). Idem le nuove diagnosi: ne sono state registrate 793 nel 2021, 971 nel 2022 e 1.250 l’anno scorso. Se a queste ultime si aggiungono quelle della Valcamonica (circa la metà delle 406 della Ats della Montagna) si fa presto a superare quota 1.500.
Crescita
La crescita riguarda anche la Lombardia (nel 2023 ci sono state 15.767 diagnosi a fronte delle 11.659 del 2021) e l’Italia: gli alunni con Dsa erano lo 0,9% nel 2020/2011 e hanno superato quota 5% ora. A influire è la maggiore sensibilità che negli ultimi anni si è diffusa nei confronti di questi disturbi: come fa notare Chiara Stampatori, neuropsicologa e psicoterapeuta nonché tecnico della Associazione italiana dislessia (Aid), «sono sempre di più le richieste inviate dalle scuole agli enti autorizzati ad accertare i Dsa: nell’area di Ats Brescia erano il 38,1% nel 2021, sono state il 58,7% l’anno scorso».

Purtroppo, però, le prime diagnosi avvengono tardi: per la dislessia si possono fare dalla fine della seconda elementare, per la discalculia dalla terza, ma nel Bresciano l’età media è 14 anni contro i 10 della Lombardia. «Prima arriva la diagnosi – spiega Stampatori – migliore è l’esito del lavoro riabilitativo e minore è l’impatto emotivo sulla vita quotidiana del bambino».
Campanelli d’allarme
Attenzione, quindi ai campanelli d’allarme come «iniziare a parlare tardi, manipolare i suoni con difficoltà, non automatizzare il conteggio e le sequenze temporali. E, durante la prima elementare, avere grossi problemi nella lettura che si presentano con lentezza persistente e un numero elevato di errori». In caso di sospetto ci si può rivolgere con l’impegnativa alle Unità di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza Uonpia (che hanno liste d’attesa non proprio incoraggianti), all’ambulatorio Dsa per persone dai 16 anni in su (che si trova alla Domus Salutis) o alle équipe private autorizzate da Ats (l’elenco è su www.ats-brescia.it).
«Attraverso dei test, uguali in tutta Italia – spiega –, si arriva a capire se il bambino ha o meno quel disturbo». La diagnosi va portata a scuola e «la scuola ha il dovere di stilare un Piano didattico personalizzato che preveda strumenti compensativi e misure dispensative. Come il fatto di non valutare, in un tema, gli errori ortografici e mettere a disposizione più tempo nelle verifiche». La diagnosi, si diceva, avviene in età scolastica, ma «sono tanti gli adulti che, ripensando al loro percorso, fanno i test per la certificazione».
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