Chi era Gianfranco Miglio e perché se ne parla in questi giorni

La Redazione Web
Dopo la decisione di rimuovere il suo nome dall’edificio che ospita la scuola di Adro, si è tornati a discutere sul politologo che teorizzò il federalismo radicale
Umberto Bossi e Gianfranco Miglio negli anni Novanta - Foto Facebook Roberto Calderoli
Umberto Bossi e Gianfranco Miglio negli anni Novanta - Foto Facebook Roberto Calderoli
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Giurista, storico delle istituzioni, politologo. Gianfranco Miglio è stato un importante studioso di scienza politica e diritto costituzionale del secondo Novecento italiano, sebbene il suo nome sia noto al grande pubblico per un un motivo preciso: l’elaborazione teorica di un federalismo radicale come modello alternativo allo Stato unitario centralizzato. Idee che hanno ispirato la Lega Nord degli albori e tutti coloro che della decentralizzazione si sono fatti fautori.

In questi giorni se ne sta parlando in seguito alla decisione dell’Amministrazione di Adro, che ha rimosso dall’edificio del polo scolastico il suo nome.

La formazione e l’insegnamento

Nato a Como nel 1918, si laureò in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 1939 con una tesi in storia del diritto medievale. Si dedicò quindi all’insegnamento e alla ricerca in ambito giuridico e politologico, formandosi come storico delle istituzioni e studioso di filosofia politica.

Dal 1959 al 1988 fu professore ordinario di Dottrina dello Stato e poi di Scienza della politica proprio alla Cattolica di Milano, dove creò e diresse il Centro di studi e ricerche sulla politica. Lì promosse un metodo di analisi comparata delle istituzioni fondato sullo studio delle regolarità della politica, ispirandosi a pensatori come Carl Schmitt (di cui ha curato anche traduzioni di testi originali), Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Thomas Hobbes e Max Weber.

Per Miglio la regolarità della politica ha assunto il significato di un agire che obbedisce a regolarità universali, indipendenti dai contesti culturali. Queste possono essere studiate con un approccio scientifico analogo a quello delle scienze naturali. In questo quadro la politica è intesa come gestione e distribuzione del potere, regolata da meccanismi oligarchici e rapporti di forza.

Il federalismo

Il suo lascito più significativo è però la teoria del federalismo integrale basato questo su tre Macro Regioni (Nord, Centro, Sud), ciascuna con ampie competenze legislative, fiscali e amministrative. Accanto ad esse Miglio teorizza un Senato federale al posto delle due Camere, con rappresentanza paritaria delle Macro Regioni, un governo centrale snello, competente solo per politica estera, difesa e grandi infrastrutture, e una riforma in senso presidenzialista dell’esecutivo per garantire stabilità e responsabilità politica. Critico invece nei confronti del modello delle autonomie previsto dalla Costituzione.

Sempre nell'ambito del federalismo, va ricordato il Decalogo di Assago, un documento politico redatto da Miglio nel 1993 che proponeva un progetto di costituzione provvisoria per rifondare la Repubblica italiana su basi federali o confederali. Da questo documento in poi si immaginava l’Italia come un’Unione Italiana composta da tre Repubbliche Federali con ampie autonomie e un governo centralizzato limitato a funzioni chiave come politica estera, difesa e moneta. Il decalogo definiva in dieci articoli l’organizzazione istituzionale e fiscale di questa Unione, prevedendo assemblee legislative locali e centrali, un Primo Ministro eletto direttamente e un forte decentramento politico e fiscale volto a semplificare la gestione e a responsabilizzare gli enti locali.

Con la Lega Nord

Dopo il ritiro dall’insegnamento, Miglio entrò nel dibattito politico nazionale come teorico di riferimento della Lega Nord (1990-1994). Eletto senatore nel 1992 e nel 1994, fu tra i principali artefici della piattaforma federalista del movimento.

La rottura con Umberto Bossi nel 1994 avvenne per divergenze strategiche: Miglio accusava la Lega di aver abbandonato il progetto di riforma istituzionale per compromessi tattici. Successivamente fondò il Fronte federalista e si impegnò in iniziative autonomiste lombarde come la Lista per la Lombardia. È morto a Como il 10 agosto 2001.

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