Case di comunità, il Pd: «Brescia provincia lombarda messa peggio»

Del Bono e Cominelli: «Aperte appena 17 delle 33 strutture da completare entro giugno 2026, nessuna ha tutti i servizi»
La Casa di comunità di Chiari © www.giornaledibrescia.it
La Casa di comunità di Chiari © www.giornaledibrescia.it
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«Oggi in Lombardia solo otto Case di comunità sono aperte e in regola con quanto prevede il Ministero, a Brescia nessuna». A dichiararlo sono Emilio Del Bono, vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, e la consigliera regionale Miriam Cominelli, entrambi del Pd, ricordando che delle 33 strutture da completare entro giugno 2026 (scadenza Pnrr) nella nostra provincia ad oggi quelle attive sono 17.

Il report

Allargando il focus a tutta la regione «il 96% delle 216 Case di comunità previste o non c’è ancora o non ha tutti i servizi richiesti dal Decreto ministeriale 77 del 2022. In particolare, 9 su 10 non hanno la copertura di medici di medicina generale e di infermieri. E un terzo di quelle programmate non ha nemmeno aperto i battenti». Il report messo nero su bianco dal gruppo regionale del Pd è frutto dell’analisi dei dati raccolti attraverso 140 accessi agli atti alla Direzione Welfare: «Nel Bresciano – sostengono – ci sono i dati più allarmanti, dopo la Città metropolitana di Milano: sono aperti solo poco più della metà dei presidi previsti, il 52%».

Servizi attivi

«Non è solo un problema di apertura – spiegano –, ma anche di servizi effettivamente attivi. Perché nel 40% delle Cdc già aperte in Lombardia mancano totalmente i medici di medicina generale, che invece dovrebbero esserci sette giorni su sette, 24 ore su 24. Nel 45% non c’è alcun servizio di diagnostica, nel 31% non c’è integrazione con i servizi sociali e nel 30% manca il punto prelievi. E a Brescia non va certo meglio». Dal report emerge che delle 17 Cdc aperte in provincia di Brescia «nessuna prevede la presenza del medico di medicina generale 24 ore su 24, sette giorni su sette e quella degli infermieri sette giorni su sette. In particolare in sette non c’è un medico di medicina generale. La diagnostica manca totalmente in dieci strutture e in altre due manca quattro giorni su sette. In sei Cdc manca un punto prelievi, in due non c’è integrazione con i servizi sociali».

La scadenza

Del Bono parla di «fallimento della Giunta Fontana. C’è bisogno di un piano di riprogettazione, di ridefinizione degli impegni presi di fronte ai cittadini. Abbiamo bisogno di una medicina territoriale più vicina ai cittadini, altrimenti l’unica cosa che cresce in questa situazione sono i bilanci dei grandi gruppi della sanità privata, che si arricchiscono dietro le liste d’attesa». Cominelli aggiunge che «la scadenza del giugno 2026 non sarà raggiunta da Regione. La cosa grave è che si perderanno soldi, perché il Decreto indica con precisione quali servizi debbano essere attivi e noi abbiamo scoperto buchi enormi».

La replica

«Stop a strumentalizzazioni lontane dalla realtà – è la reazione di Palazzo Lombardia –: oltre il 65% delle strutture programmate è già a disposizione dei cittadini. Un risultato concreto ottenuto grazie alla strategia di attivazione progressiva dei servizi. Riguardo alla conformità ai requisiti ministeriali obbligatori è fondamentale distinguere tra la presenza dei servizi e la piena operatività h24/7. I servizi infermieristici sono presenti nel 94,8% delle CdC. La diagnostici di base nel 75,6% dei casi».

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