L’elicottero che cerca l’acqua ha trovato nuovi bacini

Non chiamatelo «elicottero rabdomante»: dietro ci sono un lavoro scientifico lungo anni, milioni di euro (4,5 per la precisione), studi, ricerche ancora in corso e l’uso di una tecnologia inedita in Italia. Però sì: la sua, quella del maxi-scanner agganciato all’elicottero che ha sorvolato i cieli bresciani catturando la stratigrafia territoriale, è una vera caccia all’oro blu, una risorsa tanto indispensabile quanto preziosa perché non infinita.
E, infatti, questo lavoro unico a livello nazionale (che porta il timbro dell’Ato di Brescia e che è destinato a fare scuola), ha un obiettivo che nulla ha a che fare con il «pittoresco». Ed è questo: rispondere alla domanda «esiste una stima realistica della disponibilità d’acqua presente nel sottosuolo della pianura bresciana?». Insomma: ci sono delle «sacche» d’acqua, nascoste nella falda più profonda, che possono essere recuperate e utilizzate? La risposta è «sì». Ma per decifrare dove si trovano, oltre agli scatti dal cielo capaci di catturare immagini fino a 350 metri di profondità, a scendere in campo sono i «super scienziati» della terra: i geologi, gli unici in grado di decifrare e di incrociare dati e coordinate per rintracciare i punti chiave da cui andare a pescare l’acqua del futuro.
Modello
Partiamo dal principio: l’Ato (alias: Ufficio d’ambito) è l’Autorità di regolazione del servizio idrico della nostra provincia, presieduta da Paolo Bonardi. Con la collaborazione dei gestori del servizio (A2A Ciclo idrico da un lato e Acque Bresciane dall’altro), ha promosso «un progetto innovativo di mappatura del sottosuolo attraverso indagini elettromagnetiche su vasta scala, grazie ad un’apparecchiatura trasportata da un elicottero» come spiega il direttore Marco Zemello che – insieme al geologo Massimiliano Pelizzari – sta coordinando l’intero progetto scientifico.
Una base di partenza per realizzare una ricostruzione in 3D delle geometrie degli acquiferi sotterranei. Per farlo, l’elicottero con droni scanner incorporati ha sorvolato i cieli bresciani in due step: nel 2021 (grazie anche a un co-finanziamento della Regione) si è concentrato sulla zona della Valtenesi, nel 2023 invece l’Ato ha deciso di estendere lo studio su scala provinciale, finanziando la più grande indagine di questo tipo. Per capirci: sono stati eseguiti circa 24mila km lineari di volo, realizzando 940mila misurazioni che hanno raggiunto la profondità di 350 metri, «con una densità di dati senza paragoni rispetto alle tecniche tradizionali fin qui utilizzate» rimarcano Zemello e Pelizzari. E ora ci sono i primi risultati.
Mappa
Il «sito pilota» è di casa in Valtenesi, in particolare a Calvagese della Riviera, un’area perfetta per la «prova generale» perché situata al confine tra la pianura e i depositi morenici di origine glaciale. Il concetto è: con la graduale ritirata del ghiacciaio, è probabile che lì ci sia un teorema di bacini idrici. Per questo sono state realizzate tre perforazioni, progettate seguendo gli indizi svelati dai dati elettromagnetici. Di questi, due scavi (il primo profondo 240 metri, il secondo 385) sono stati trasformati in pozzi, mentre il terzo serve per monitorare e tarare i dati.
Ma grazie al modello elaborato, i geologi hanno individuato altri cinque potenziali siti: tre in Franciacorta e due nella Bassa. Questo perché – sottolinea Zemello – «i dati ci dicono che l’acqua è potenzialmente presente, non certamente. Bisogna quindi poi verificare attraverso le perforazioni», anche perché il maxi-scanner ha restituito alcune «zone d’ombra», come le aree molto urbanizzate o quelle occupate dalle linee ferroviarie.
Oltre al caso di Calvagese, che fornirà a breve un ulteriore punto di prelievo di acqua potabile alla Valtenesi, c’è anche il risultato del «progetto Calvisano». Nel Comune non c’erano né servizio idrico né rete fognaria, poi è stato sistemato l’acquedotto e sono state realizzate le fognature. A questo punto, A2A ha provato a indagare un’area per capire se ci fosse un bacino d’acqua, ma in un primo momento non è stato rintracciato. Grazie agli scatti dal cielo, invece, i geologi hanno decifrato il punto esatto e così Calvisano è diventato il primo sito – in ordine temporale – da cui è stato possibile «pescare» l’oro blu. Anche in questo caso, grazie al modello 3D e alle indagini geofisiche, è stato scovato un serbatoio d’acqua.
Quale il prossimo passo? Il modello completo, in grado di offrire una sorta di «mappa dell’acqua nascosta» della provincia, procederà passo dopo passo e sarà completo tra la fine del 2027 e l’inizio del 2028. Ma nel frattempo, si sta lavorando anche su altri fronti: sismico e ambientale. «È in corso l’interpretazione geologica e idrogeologica, che progressivamente assocerà le informazioni elettro-stratigrafiche ai modelli concettuali classici, oltre che analisi geostatistiche e altre indagini geofisiche, in particolare sismiche» conferma Zemello.
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