Borzacchiello e Rossi: «Meno parole si hanno, più si è violenti»
Le parole possono curare o uccidere. E sono strettamente correlate alla linguistica e all’intelligenza emotiva, a cuore e cervello. Per questo serve responsabilità nel loro utilizzo. E soprattutto serve capire come l’amigdala funzioni. È con queste riflessioni che si è aperto ieri l’incontro al Teatro Santa Giulia in città con gli esperti della linguistica, Paolo Borzacchiello, e dell’intelligenza emotiva, Stefano Rossi.
A partire dai loro manuali – «Usa il cervello prima che lui usi te. Manuale di autodifesa cognitiva» (Paolo Borzacchiello) e «Genitori in ansia: Trasforma le tue paure nelle ali di tuo figlio» (Stefano Rossi) – i due hanno condiviso riflessioni sui temi della violenza di genere, sul rapporto tra genitori e figli, e sugli effetti dell’uso dei social. E lo hanno fatto a partire da quella piccola mandorla cerebrale situata nel lobo temporale, l’amigdala.
Amigdala
«L’amigdala è una piccola carogna – dice sorridendo Paolo Borzacchiello –. La sua è una funzione primitiva: serve a proteggerci. Impedisce che rimaniamo soli. In breve: non vuole perdere la protezione, la coccola». Un meccanismo di sopravvivenza che tuttavia non è in grado di svolgere a pieno il suo compito perché «non ha gli strumenti necessari per farlo».
È per questo che – insistono gli autori – «è importante parlare all’amigdala, darle quei pensieri che non ha». Ma in che modo? Attraverso un’educazione alle emozioni: riconoscerle, dare loro un nome, saperle accogliere e accettare è un primo passo verso un’intelligenza emotiva solida.
«Perché se questo non accade, il rischio è l’analfabetismo linguistico – chiosano gli esperti –. Esiste infatti una relazione a livello sociologico e linguistico tra violenza e analfabetismo per cui se non sai come definire le tue emozioni, se non hai le parole per dire ciò che provi, cerchi la violenza».
Due condizioni inversamente proporzionali: meno si hanno le parole, più il rischio di essere violenti è elevato. «Questo lo si vede nel momento in cui si chiede a un omicida “Che cosa hai provato quando hai ucciso quella persona?”, la risposta è spesso: niente».
Rapporto genitori e figli
Un quadro emotivo che trova la sua matrice nel rapporto con i genitori: «Quando a tavola si preferisce l’uso degli smartphone al dialogo con i figli, ciò che accade è che il cuore di questi si riempie di lame che i figli stessi non sanno comprendere – afferma Borzacchiello –. La conseguenza è la dissociazione, si è murati dalle proprie emozioni».
Motivo per cui è essenziale, gli fa eco Rossi, «passare da una comunicazione del «cosa», quindi «cosa hai fatto oggi?», a una del «come», dunque «come stai?». E laddove il genitore o la scuola mancano, non resta altro che «studiare, leggere, parlarsi e sognare», concludono gli esperti.
L’appuntamento rientra nella rassegna «Leggere insegna a leggere» che si è tenuta dal 28 ottobre fino a ieri ed è stata promossa dalla libreria Feltrinelli.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.




