«C’è bisogno di ambulatori mobili»: Gaza chiama, Brescia risponde
Pablo Neruda scriveva: «Voglio che l’immensa maggioranza, la sola maggioranza, tutti, possano leggere, ascoltare, realizzarsi». InterMed Onlus e PalMed Italia aggiungono «essere curati, avere un futuro in salute».
L’occasione per parlarne, partendo dalla poesia sulla pace letta da Laura Mantovi, si è presentata ieri nella Sala Libretti del GdB: due realtà vicine a una terra caratterizzata da «condizioni incompatibili con la vita umana» hanno lanciato - con l’appoggio della Loggia - una raccolta fondi per costruire ambulatori mobili attrezzati per la medicina d’urgenza in condizioni estreme.
«L’appello è partito da Gaza e noi abbiamo risposto», hanno spiegato Raed Almajdalawi, medico presidente di PalMed, e Antonella Bertolotti, psichiatra al timone di InterMed, incalzati dalle domande del nostro direttore Nunzia Vallini. I primi sette esistono già, ma serve l’aiuto di tutti per aprirne altri. Mobili (in tende) o fissi (nelle scuole-rifugio) che siano.
«Un’iniziativa meritoria - ha commentato Massimo Amato, economista e filosofo, docente dell’Università Bocconi - che risponde a una situazione non normale e non giustificabile: a Gaza si muore per mancanza di cure; le attrezzature mediche vengono bloccate ai valichi, così come i generi alimentari; nei pochi ospedali rimasti (30 su 36 a servizio di un milione di persone) si lavora in condizioni disperate. E i medici rappresentano degli obiettivi».
Come sono
Gli ambulatori oggetto del progetto (che vanta già il sostegno, a vario titolo, di realtà come Banca popolare di Sondrio, Fondazione Poliambulanza, Università di Brescia e Festival della Pace) «offrono, sul campo, assistenza di primo e secondo livello cercando di ridurre la pressione sugli ospedali che sono pieni di feriti», ha spiegato Almajdalawi.
Hanno due o tre lettini, strumenti per misurare pressione, glicemia e saturazione e kit di soccorso. Per funzionare hanno bisogno di due medici, quattro infermieri e un amministrativo. «Adottarli» costa 5mila euro al mese. «Sono mobili - ha sottolineato Bertolotti - affinché non rappresentino un bersaglio e possano spostarsi insieme ai rifugiati». Presente in Ucraina con un progetto a sostegno dei mutilati (che intende proporre anche a Gaza), InterMed mira a «curare e dare voce a chi voce non ha. La voce viene prima delle parole. La voce di un soccorritore è speranza».
Concretezza
A fianco di queste due organizzazioni senza fini di lucro si è schierata la Loggia: come ha riferito il presidente del Consiglio comunale Roberto Rossini, «Brescia è città della pace: di fronte allo scenario internazionale non rimane indifferente. Sa dimostrare una visione complessiva, ma allo stesso tempo concreta. A questa terra, tra l’altro, ci uniscono il gemellaggio con Betlemme e i progetti che la nostra università condivide con l’Università di Al-Quds». Ora tutti confidano nella generosità di Brescia, che sicuramente saprà lasciare il segno.
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