Aggressioni nei Pronto soccorso: poliziotti, guardie e app fanno da scudo

Proseguono le visite quotidiane delle Volanti nelle strutture cittadine e c’è pure una linea diretta
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1659 Aggressioni ai sanitari bresciani
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«L’ultimo episodio risale a poche ore fa: un paziente questa mattina ha aggredito verbalmente e minacciato una dottoressa e un’infermiera. Sono intervenuto, ho chiamato le forze dell’ordine e in pochi istanti se ne è andato». A raccontarlo è Cristiano Perani, direttore del Pronto soccorso del Civile: «Sono fatti inaccettabili, che demotivano il personale».

«Un giorno è un graffio, un altro è una coltellata», aveva scritto su Facebook, soltanto una settimana prima, un medico di Chiari pubblicando la foto del suo collo pieno di lividi rimediati in servizio: «Siamo incapaci, siamo lavativi, non ci prendiamo cura dei pazienti – è lo sfogo che aveva affidato alla rete –. Poi stranamente quando hanno qualcosa degno di nota giungono da noi con la coda tra le gambe e siamo degli eroi, come è successo con l’emergenza Covid».

Sono due esempi di un problema pesante che interessa tutti gli ospedali, pronto soccorsi e servizi psichiatrici in primis. Basti ricordare che l’anno scorso nella quattro Asst della nostra provincia si sono verificati oltre 1.600 episodi: aggressioni fisiche, verbali e contro la proprietà che «creano un brutto clima», aggiunge Stefano Favalli, direttore del Pronto soccorso di Desenzano. Il tutto in un settore che lavora al limite per via della mancanza di personale.

Con la Questura

Per affrontare la situazione cercando di prevenire questo genere di comportamenti messi in atto da pazienti e accompagnatori in molti casi innervositi da attese che non comprendono, le aziende ospedaliere hanno introdotto numerose misure.

Al Civile, ad esempio, «disponiamo di telecamere che funzionano da deterrente, ma non per tutti», riferisce Perani dividendo gli aggressori in tre categorie: «Gli intossicati, per esempio da alcol o cocaina, non badano certo agli occhi elettronici. Con i pazienti psichiatrici possiamo ricorrere alla terapia farmacologica e all’aiuto degli psichiatri. Poi ci sono i maleducati e gli antisociali la cui aggressività è inaccettabile e annichilente».

Continuano, poi, al Civile come in tutti i Pronto soccorso cittadini, le visite quotidiane delle Volanti: i poliziotti passano, si fermano, parlano con il personale e vengono notati da chi in quel momento si trova nella struttura.

In caso di emergenza, poi, i medici possono contattare la centrale operativa della Questura attraverso una linea diretta: l’accordo prevede che quando arriva una telefonata dall’ospedale venga subito, in ogni caso, inviata una Volante sul posto. Da più di un anno, inoltre, la situazione viene monitorata attraverso incontri periodici in Questura ai quali partecipano i direttori dei Pronto soccorso cittadini: sono utili per raccogliere informazioni e dati e affrontare insieme le questioni. La collaborazione è proficua: «Le visite delle pattuglie – aggiunge Perani – sono un buon deterrente e rendono il personale più tranquillo».

Volontari in azione

Importanti, poi, sono stati gli investimenti nella comunicazione: il Civile in primavera ha introdotto una app che consente ad accompagnatori e familiari di seguire in tempo reale il percorso sanitario del paziente prevenendo l’immotivato senso di abbandono spesso all’origine delle aggressioni.

Un senso di abbandono che cercano di contrastare anche i volontari di Agape e Croce Rossa presenti in Pronto soccorso per accogliere i parenti e supportarli nelle attese. E ancora: «Abbiamo introdotto punti di lettura – aggiunge Perani –, adeguato gli spazi e ricorriamo alla preziosa presa in carico infermieristica che precede la visita. Ricordo poi che il personale viene formato per comunicare in modo adeguato e affrontare le situazioni critiche».

L'ingresso di un pronto soccorso - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso di un pronto soccorso - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Favalli è d’accordo con Perani nel sostenere quanto sia importante, in chiave preventiva, «condividere informazioni sui percorsi di cura. E disporre di spazi che ci proteggano. Nei tre "ps" della Asst Garda disponiamo anche di guardie non armate e telecamere puntate con l’accortezza di non ledere la privacy. Abbiamo un filo diretto con le forze dell’ordine, che in due minuti sono sul posto, e possiamo attivare un servizio psicologico per il personale».

Anche questa azienda ha introdotto una app che consente all’accompagnatore di vedere «come procede il processo: se ha fatto visite, esami... E fornisce dati in tempo reale sull’affluenza nei nostri tre ps». Favalli vanta quasi 20 anni di esperienza nell’emergenza. A suo avviso «ad essere aumentate sono le aggressioni verbali».

Servirebbe uno sforzo culturale per «diffondere il concetto che la sanità è un bene comune con risorse limitate che vanno usate bene». Perani aggiunge che «una quota di rischio ci sarà sempre, dobbiamo cercare di ridurla. Le misure per farlo ci sono: vent’anni fa, forse, avrebbero inciso tanto; ora, con la pressione che c’è in ogni Pronto soccorso, è tutto più difficile».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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