Il castello da favola di Bartolomeo (e c'è anche Tisbe)

Per Bergamo Brescia Capitale della Cultura: ecco il castello di Malpaga del bergamasco Colleoni e della moglie bresciana dei Martinengo
Il castello di Malpaga a Cavernago (Bergamo)
Il castello di Malpaga a Cavernago (Bergamo)
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Anche questa rubrica vuole partecipare con un apporto specifico all’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023, e lo fa attraversando l’Oglio per «spedire» ai lettori bresciani qualche cartolina anche dalla cugina terra orobica. Bartolomeo e il suo castello. Una favola con un protagonista assoluto e una comparsa, sua moglie Tisbe.

Di lui, il bergamasco Colleoni, si sa che era un uomo i cui attributi non si limitavano alle tre palle sul suo stemma araldico, mentre di lei, appartenente alla nobile e potente casata bresciana dei Martinengo, si dice che, come ogni nobildonna del suo rango, fosse bella, quieta e casta e tollerasse i tradimenti del coniuge, a cui diede tre figlie, mentre, con altre donne, egli ne mise al mondo ulteriori cinque (non ebbe figli maschi).

Bartolomeo comincia la carriera militare a 14 anni come scudiero e poi combatte un po’ per tutti, perché è un capitano di ventura e a lui interessa la gloria e che lo paghino bene. È molto ricco quando decide di acquistare il castello di Malpaga. Edificato nel Trecento, si trova in aperta campagna. Il Nostro lo fortifica rendendolo una cittadella inespugnabile, con abitazioni per le truppe e scuderie. Per motivi di sicurezza non vuole il camino nella sua camera da letto, ma fa realizzare un delicato affresco di una Madonna con Bambino. Un guerriero non teme il freddo, ma prega.

È il 1458 quando trasloca in questo palazzo, cenacolo di artisti e residenza degna di un re, tanto che Cristiano I di Danimarca, giunto in visita, resta esterrefatto dalla bellezza del luogo (e anche dal fatto che Bartolomeo gli va incontro con 500 cavalieri). Poiché il Colleoni è un soldato ma anche una persona di buon gusto, commissiona raffinati affreschi, tra cui, nel grande salone da pranzo, quello che immortala il banchetto organizzato in onore del sopraccitato monarca danese.

La battaglia della Riccardina

Nel cortile è rappresentata la battaglia della Riccardina (1467), in cui il Colleoni, alleatosi con gli Este di Ferrara, i pesaresi e con il non chiaro appoggio di Venezia, fronteggia una lega guidata dai Medici e dagli Sforza, i quali si erano procurati un condottiero bravo quanto lui, Federico da Montefeltro. Fu una delle battaglie più famose del Quattrocento (la prima in cui comparvero le armi da fuoco), ma non si sa bene chi la vinse (sempre complicate le cose, in Italia): non certo Bartolomeo, che in quell’occasione contrasse la malaria. Ma, si sa, il bello dei pareggi è che ciascun contendente può interpretare il risultato a proprio piacimento.

L’affresco è attribuito al Romanino, nato dieci anni dopo la dipartita di Colleoni, avvenuta nel 1475. Lasciò la Terra tra queste mura, circondato da ricchezza e onori. Tisbe era morta da quattro anni. La dimora andò ai nipoti, maschi, figli della sua Ursina e di Gerardo Martinengo. Il castello ancora oggi appare come una visione da sogno tra campi coltivati, boschi, canali irrigui. Fuori militare, dentro ospitale. All’esterno minaccioso, all’interno sontuoso. Come un’armatura che nasconde una veste dipinta da una mano di seta. Bellicoso e seducente, proprio come Bartolomeo.

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