Gli scenografici affreschi di Pietro da Cemmo nella chiesa di San Rocco a Bagolino

La struttura odierna è il risultato degli ampliamenti del 1577, eseguiti prima di intitolare la chiesa a San Rocco
La chiesa di San Rocco a Bagolino - © www.giornaledibrescia.it
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La leggenda vuole che sia stata costruita sopra un piccolo tempio etrusco. Perché no? In queste montagne il sacro è qualcosa di ancestrale e profondo. È ben più di ciò che si crede e si vede, sebbene la chiesa di San Rocco a Bagolino sia un’esperienza visiva e mistica da non sottovalutare. Edificata nel 1478 ai tempi di una peste, era in origine dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano. Per l’occasione era stato chiamato Pietro da Cemmo, che tra il 1483 e il 1486 realizzò una serie di affreschi.

La struttura odierna è il risultato degli ampliamenti del 1577, eseguiti prima di intitolare la chiesa a San Rocco, che aveva salvato i bagossi dall’ennesima pestilenza. L’effetto è scenografico: entri e, in fondo ai semplici muri bianchi con il soffitto azzurro, spicca la macchia di colore del presbiterio affrescato dal genio camuno. Sembra la scena di un teatro, in cui un’Annunciazione divisa a metà (Gabriele a destra e Annunciata a sinistra) abbraccia idealmente una maestosa Crocifissione a tutta parete. Come se la fine contenesse l’inizio, la morte avesse in sé la vita e viceversa. Sopra tutto non a caso è raffigurato il Padreterno.

Gli affreschi di Pietro da Cemmo nella chiesa di San Rocco a Bagolino - Foto di Valentina Agostini dal portale Zoom © www.giornaledibrescia.it
Gli affreschi di Pietro da Cemmo nella chiesa di San Rocco a Bagolino - Foto di Valentina Agostini dal portale Zoom © www.giornaledibrescia.it

Ci si perde (o forse ci si trova) nel guardare il volto della Madonna prima e dopo. Il prima è una Maria giovane che, con un viso pudico e luminoso, accoglie l’annuncio di un angelo bellissimo, in tunica bianca e mantello marrone, con la nota pop delle ali policrome. Il dopo è la Vergine ai piedi del Calvario, vestita a lutto e ingrigita dal dolore. Al centro il Cristo che accoglie la morte, mentre a destra della croce il ladrone buono affida l’anima redenta a un angelo. A sinistra invece il ladrone cattivo, la faccia girata in modo innaturale e stampata in viso una smorfia non più umana, va incontro al suo destino di dannazione scortato da un diavolo. Avvicinandosi si vedono nel sottarco dodici favolose sibille (che hanno predetto la venuta di Cristo e arrivano da un mondo pagano ma non sembrano a disagio vicino ai santi) e nella notte stellata del soffitto i quattro evangelisti.

Sulle pareti laterali storie di San Rocco e San Sebastiano, due santi non a caso piagati e feriti. E San Fabiano? È stato messo in ombra dai due più celebri colleghi, ma resta interessante. Era un laico chiamato sul soglio pontificio nel terzo secolo (c’erano ancora gli antichi romani) e spedito al martirio per essersi rifiutato di tornare al paganesimo. San Fabiano proprio qui dove c’era stato un tempio pagano: singolare, vero? Chissà, forse tutto ciò ci vuole raccontare che viviamo in un continuo cambiamento ma niente finisce davvero. Perlomeno non l’arte e non la fede, il che è di per sé assai consolante.

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