Volontari più anziani e senza ricambio, «ma i giovani ci sono con progetti su misura»

Il presidente Csv Brescia Giovanni Vezzoni: «Il tema ambientale appassiona le nuove generazioni»
Volontari della protezione civile della Lombardia al lavoro © www.giornaledibrescia.it
Volontari della protezione civile della Lombardia al lavoro © www.giornaledibrescia.it
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Un anziano su 10 svolge attività di volontariato, con un trend in crescita; sono più gli uomini (oltre l’11%) che le donne (circa l’8,5%). Numeri più alti al Nord rispetto al Sud, come sottolineata l’Istat nel suo report «Invecchiamento attivo e condizioni di vita degli anziani in Italia». E se tutto questo è sicuramente positivo, va anche detto che il mondo del volontariato nel suo complesso non sta vivendo un momento particolarmente brillante.

La Giornata mondiale, appunto, del volontariato (istituita dall’Onu 38 anni fa) è l’occasione per fare il punto della situazione. Ovvero, sempre meno volontari, sempre più anziani, quasi nullo ricambio per l’assenza dei giovani. Questa la fotografia, in estrema sintesi. Ma Giovanni Vezzoni, presidente del Centro servizi per il volontariato bresciano (un’istituzione che riunisce oltre 170 realtà del Terzo settore) scaccia il pessimismo a favore dell’ottimismo, «dobbiamo modificare il nostro modo di pensare - sottolinea -, i giovani ci sono eccome, la sfida è riuscire a coinvolgerli».

La società

Vezzoni lancia anche una provocazione: «Proviamo solo per un attimo ad immaginare la nostra società senza soccorritori, senza protezione civile, senza donatori di sangue o organi, senza caregivers volontari, senza... è inimmaginabile, questo è chiaro a tutti noi». Questo è vero, ma se in un futuro non troppo lontano i volontari dovessero sparire? «La sparizione dei volontari è altamente improbabile» sottolinea, e non lo dice solo dal suo osservatorio certo privilegiato, ma anche per il fatto (non poteva essere altrimenti) di essere lui stesso volontario (di Legambiente, del Gruppo Archeologico di Gavardo). «Nei decenni passati abbiamo vissuto periodi di grande espansione del mondo del volontariato, in tutti gli ambiti - prosegue -, va anche detto che le persone andavano in pensione prima, quindi in età relativamente giovane avevano molto tempo a disposizione da dedicare al prossimo, oggi non è certo più così».

Il rapporto «Unifying Generations: Costruire un percorso di solidarietà intergenerazionale in Italia» promosso da Edwards Lifesciences, e basato su un’indagine condotta su 2.338 italiani, ha rilevato che gli ultrasessantacinquenni svolgono un ruolo fondamentale nella società e nella vita dei più giovani, in termini di attività di volontariato appunto, ma anche tutoraggio, assistenza e contributi finanziari. Il 24% fornisce assistenza ai familiari, come ad esempio fare la spesa e guidare, il 74% degli ultrasessantacinquenni fornisce sostegno finanziario ai giovani del proprio nucleo familiare, aiutandoli così per istruzione (34%), tempo libero (33%).

Futuro

E se nel ricambio generazionale manca la fascia media (come detto perché la pensione si è allontanata), quella dei giovani è ancora più rara. Ma non così tanto come si potrebbe pensare. Il volontariato dei giovani viene definito fluido. «Ripeto: non possiamo ragionare basandoci sui vecchi schemi - spiega ancora Vezzoni -, i giovani che si sono impegnati come volontari per i vari eventi di Brescia e Bergamo Capitale della cultura lo dimostrano, compresi moltissimi nella fascia tra 35 e 40 anni. Persone che si fanno coinvolgere soprattutto da un volontariato occasionale, non strutturato e a lungo termine».

Quindi una strada da seguire esiste? «Esiste eccome - continua il presidente del Csv -, è chiaro che si devono pensare forme, contenitori e temi nuovi. Faccio degli esempi, durante la pandemia i giovani hanno dimostrato di volersi spendere per le loro comunità. E ancora, l’ambiente, lo vediamo quotidianamente, è un tema che appassiona moltissimo le nuove generazioni. Ripartiamo allora da qui per arrivare alle loro sensibilità». Non tutto è perduto, anzi.

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