«Viaggio di 40 ore per portare a Monza un bambino oncologico»

È l’impresa riuscita di Stefano Gioffredi. Martedì altra spedizione: Marco Serra va a prendere un minore con la leucemia
  • Stefano è andato in Polonia a prendere un bimbo ucraino e la sua mamma
    Stefano è andato in Polonia a prendere un bimbo ucraino e la sua mamma
  • Stefano è andato in Polonia a prendere un bimbo ucraino e la sua mamma
    Stefano è andato in Polonia a prendere un bimbo ucraino e la sua mamma
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Tutto è partito da un messaggio WhatsApp a Olga, volontaria del centro di aiuti di Folzano. «Sono Stefano, vorrei offrirmi per andare al confine a prendere dei profughi». Immediata la risposta: «Ci sono una ragazza e un ragazzo che devono tornare a casa, dalla loro mamma». Detto, fatto: Gioffredi, che è pure lui genitore e abita a Pioltello (nel Milanese), ha messo in moto il suo suv e, seguendo le indicazioni di Olga, ha raggiunto una città al confine Ucraina-Polonia a cinquanta chilometri dalla più nota Leopoli.

Appello dopo appello

Lì, dopo venti di ore di viaggio, ha incontrato i due giovani e li ha caricati in macchina. Contento, ma solo a metà, si è messo a cercare altri profughi diretti a Brescia o dintorni. «La ragazza, che non parlava né inglese né italiano, mi ha fatto vedere sul suo telefonino il messaggio di una mamma con bimbo oncologico che stava cercando un passaggio verso l’ospedale San Gerardo di Monza. In fretta li abbiamo raggiunti a Przemyls, il paese della Polonia in cui, quel giorno, c’era anche in visita Matteo Salvini. Lì siamo entrati in un grande centro umanitario pieno di persone che chiedevano aiuto: bussavano al finestrino della nostra auto».

«Botte al finestrino»

Non senza difficoltà, e con l’aiuto telefonico (per le traduzioni) della mamma dei due ragazzi che abita a Romano di Lombardia (Bg), Stefano ha trovato la donna e il bambino che stava cercando: «Erano arrivati a piedi, dalla loro città, un paio di giorni prima e avevano perso il pullman che avrebbe dovuto portarli in Italia». Da Przemyls il papà di Pioltello che lavora in un negozio di elettrodomestici ha chiamato il San Gerardo: «Al telefono un volontario dell’ospedale mi ha confermato che c’era un letto pronto per il bambino da due giorni». Così ha girato il suv e, dopo altre venti ore di viaggio (soste comprese), ha raggiunto Monza. Ad attenderli, all’ingresso, c’erano una parente della donna e un volontario: «Li ho accompagnati fino all’accettazione - racconta Stefano - e poi me ne sono andato. Con la mamma sono rimasto in contatto: mi interessa sapere come sta il bambino». Durante il tragitto «è stato bravissimo, non si è mai lamentato. Quando li ho salutati non sono riuscito a trattenere le lacrime».

La missione si è conclusa accompagnando dalla mamma di Romano di Lombardia i suoi due figli: «Anche loro - dice - mi hanno toccato il cuore. Non smetterò mai di ringraziare Olga per l’opportunità che mi ha dato di fare del bene». Non è finita, però: «In viaggio sono stato contattato da una donna ucraina di casa in Trentino. Mi ha chiesto se sono disponibile ad andare a prendere, e a portare a Brescia, una bambina che necessita di dialisi». Nel frattempo la donna ha attivato anche altri canali, ma «se serve sono ancora disponibile. Questi sono i miei giorni di ferie. Se riuscissi a recuperare un mezzo più grande per il viaggio sarebbe meglio».

Stefano ha due figli: una bambina di otto anni e uno di quattro. «Lei sapeva del mio viaggio ed era in pensiero - racconta -. Con i compagni della seconda elementare sta preparando dei disegni per i piccoli del San Gerardo».

Quanti aiuti

Nel frattempo martedì da Brescia prenderà il via una nuova impresa. Protagonisti Marco Serra, proprietario della antica libreria e casa editrice Serra Tarantola, e il suo storico compagno di viaggi Duilio Belli: «Siamo amici da cinquant’anni - racconta Serra - insieme abbiamo girato il mondo. Stavolta partiremo con il mio Land Rover pieno di beni di prima necessità e farmaci e raggiungeremo il confine Polonia-Ucraina. Lì scaricheremo ciò che abbiamo raccolto col prezioso aiuto dei bresciani e faremo spazio in macchina a un bambino affetto da leucemia, alla sua mamma e alla sua nonna: devono raggiungere Brescia, dove li ospiterà una signora. Per il momento non so nulla di più».

Il 66enne bresciano non vede l’ora di partire: «Da subito, in libreria, ci siamo attivati per raccogliere ciò che serve in Ucraina. Quando, poi, ho detto che sarei andato io, di persona, a consegnare il materiale la generosità è cresciuta in modo esponenziale. Ringrazio tutti per la fiducia e la disponibilità al dono». Nella sede di via Porcellaga in tanti hanno portato medicinali e altro. Tutti, a modo proprio, vogliono contribuite. Serra e l’amico in primis, con un viaggio carico di speranza.

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