Viaggi tra regioni, «per la Lombardia era meglio aspettare»

Walter Ricciardi, medico consigliere del ministro della Salute, invita ancora alla prudenza in vista delle riaperture
Persone al parco a Milano - Foto Ansa/Matteo Bazzi © www.giornaledibrescia.it
Persone al parco a Milano - Foto Ansa/Matteo Bazzi © www.giornaledibrescia.it
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Prudenza. Questo il sostantivo maggiormente pronunciato nelle ultime ore, prima della decisione di riaprire i confini regionali presa dal Governo nella notte di venerdì. Osservata speciale, in questa fase della nostra convivenza con il coronavirus, è la Regione Lombardia anche se gli indicatori parlano di una riduzione complessiva dei ricoverati e delle persone contagiate. Il miglioramento c’è, ma è ancora molto fragile.

Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, boccia la decisione di riaprire anche la Lombardia.

Professor Ricciardi, a poche ore dalla decisione del Governo sulla libera circolazione tra regioni, lei ritiene che sia una decisione affrettata, soprattutto per la Lombardia. Il 3 giugno è troppo presto per riaprire i confini tra le regioni. Fino ad ora nel nostro Paese la fase 2 è andata bene grazie soprattutto al comportamento degli italiani che rispettano evidentemente le regole per contenere i contagi. Credo sia necessario non abbassare la guardia per evitare di vanificare quello che è stato ottenuto finora. Il monitoraggio dell’Istituto superiore di Sanità si basa su 21 indicatori rilevati dai dati forniti ogni lunedì dalle Regioni. Dati che vengono «rielaborati» e restituiti il venerdì con la lettura dell’andamento dell’epidemia. In tutte le Regioni, Lombardia compresa, emergeva un rischio basso. Il sistema degli indicatori è stato elaborato a livello centrale ma è alimentato dalle attività di diagnostica e dalle segnalazioni delle Regioni, quindi dipende dalle capacità di gestione dei sistemi regionali. Dunque, se questi sistemi sono efficaci ed efficienti, i dati sono attendibili. Se non lo sono, per varie ragioni, è evidente che i numeri non sono attendibili.

Lei ritiene che i dati sull’epidemia che le Regioni forniscono all’Istituto superiore di Sanità non siano attendibili? Non credo ai presunti magheggi dei dati, anche se vi è una eterogeneità dovuta al fatto che abbiamo 21 sistemi sanitari differenti e dalla modifica del titolo Vi della Costituzione nel 2001 raramente è successo che il sistema di indicatori abbia funzionato in modo efficiente e tempestivo. La scelta di riaprire è giusta se si basa su indicatori corretti. In questo caso, potrebbero non essere solidi e se i numeri non sono certi, il rischio è di fare scelte errate. Il trend generale è sicuramente positivo, e stanno andando nella giusta direzione anche regioni quali Liguria e Piemonte. I numeri della Lombardia, tuttavia, avrebbero dovuto indurre alla prudenza perché la circolazione del virus è ancora intensa. Tuttavia, le mie sono considerazioni scientifiche. Spetta alla politica decidere in base ad altre valutazioni che sono anche di ordine economico e sociale. Ripeto: l’allentamento dell’attenzione sul Covid e gli episodi di assembramento cui abbiamo assistito sono un modo ideale per riaprire la porta al virus che, non lo dimentichiamo, continua a circolare.

Qual è la sfida per evitare che il virus si diffonda ulteriormente? La sfida ora è quella di rintracciare e isolare precocemente tutti i nuovi positivi e devo dire che lo si sta facendo bene un po’ in tutta Italia. Ogni settimana vediamo riaccendersi qua a là qualche nuovo focolaio che viene però subito rintracciato e spento. Anche nel merito delle 3T per isolare il virus - tracciare, testare e trattare - la situazione nel Paese è molto eterogenea. Sulla capacità di tracciare c’è stato un po’ di ritardo perché il tracciamento deve essere sia tecnologico, e la app non è ancora partita, sia manuale. E sul rilevamento dei dati da parte delle Regioni da sempre c’è eterogeneità e non tutte le aree sono efficienti allo stesso modo. I sistemi in alcune aree vanno resi più efficienti ed implementati perché, se i dati di cui disponiamo ora depongono a favore di un indebolimento del virus durante l’estate, non dobbiamo farci cogliere impreparati in autunno. La seconda ondata è un evento che di solito si verifica per i virus che colpiscono le vie respiratorie e, dunque, anche il Sars-Cov-2 rientra in questa gamma.

Nei giorni scorsi la Regione Sardegna ha chiesto il patentino di immunità alle persone che si recano in vacanza nell’isola. Cosa ne pensa? Penso che si tratti di un’idea affascinante ma non attuabile. Per ragioni scientifiche. Infatti, se parliamo dei test diagnostici, i tamponi, essi non hanno ancora dimostrato di poter rilevare con sicurezza la presenza del virus nell’organismo. Per i test sierologici, non sappiamo se gli anticorpi eventualmente rilevati siano effettivamente neutralizzanti e quanto eventualmente possa durare la loro azione protettiva. Insomma, chi ha il tampone negativo, potrebbe essere contagiato senza che l’esame sia stato in grado di rilevarlo. Il test sierologico, che ha un valore epidemiologico, dà informazioni sulla diffusione dell’infezione, non sulla salute della persona.

 

 

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