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Fondazione Gimbe: «La Lombardia non è pronta per riaprire»

Il presidente contesta la correttezza dei dati diffusi da Milano sui tamponi. La Regione: «Parole gravissime e false»
I kit utilizzati per verificare la positività al coronavirus - Foto © www.giornaledibrescia.it
I kit utilizzati per verificare la positività al coronavirus - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Tre Regioni - Lombardia, Liguria e Piemonte - non sono pronte per la riapertura totale in agenda dal 3 giugno. L'altolà arriva dalla Fondazione Gimbe (già più volte critica sulla gestione lombarda dell'emergenza, vedi i link in pagina) in vista anche delle «pagelle» che il Comitato tecnico-scientifico comunicherà domani sul rispetto di 21 indicatori di monitoraggio.

«La nostra analisi sul periodo post riaperture - spiega il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta - dimostra che hanno la più alta percentuale di tamponi diagnostici positivi la Lombardia (6%), la Liguria (5,8%) e il Piemonte (3,8%). Al tempo stesso queste regioni presentano anche il maggiore incremento di nuovi casi e una limitata attitudine a eseguirli, i tamponi: sono poco sopra la media nazionale di 1.343 per 100mila abitanti Lombardia (1.608) e Piemonte (1.675) ed è al di sotto la Liguria, con 1.319 tamponi. Per questo è plausibile che aumentando il numero di tamponi, i positivi trovati crescerebbero ancora».

Da qui l'appello della fondazione ad «abbandonare ogni forma di egoismo regionalistico». La soluzione più ragionevole, suggerisce Cartabellotta, sarebbe «mantenere le limitazioni solo nelle tre regioni più a rischio consentendo magari la mobilità tra di esse».

Inoltre, Cartabellotta contesta il dato elaborato in particolare da Regione Lombardia che calcolerebbe la percentuale di positivi sulla base del totale dei tamponi eseguiti, includendo non solo quelli a fini diagnostici (volti cioè a scoprire la presenza del virus in un paziente che non si sa già per certo infetto) ma anche quelli di controllo, cioè quelli che vengono effettuati per accertare la negativizzazione sopraggiunta di un paziente.

Parole che hanno fatto infuriare i vertici di Palazzo Lombardia: «Gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero - è la replica affidata ad una nota. - In Lombardia fin dall'inizio della pandemia i dati vengono pubblicati in maniera trasparente e inviati alle istituzioni e alle autorità sanitarie preposte. Nessuno, a partire dall'Istituto Superiore di Sanità, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l'Iss ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione. È dunque inaccettabile - conclude la nota - ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo vengano rettificate da chi le pronunciate».

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