Ucraina, le fabbriche bresciane provano a ripartire

La produzione prosegue seppur con rallentamenti in Camozzi, Condor Trade e alla Valrom (Valsir)
Case sbrecciate a Kiev: nella capitale il maggior numero di aziende bresciane - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Case sbrecciate a Kiev: nella capitale il maggior numero di aziende bresciane - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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«Stiamo lavorando, ma in Ucraina ci vuole ancora molta prudenza», ha ammesso recentemente Lodovico Camozzi. «Inevitabilmente - ha aggiunto l’imprenditore bresciano - ci adeguiamo alla situazione. Per il momento la nostra priorità è quella di salvaguardare il capitale umano». A pieno regime, nello stabilimento di Kiev del gruppo Camozzi (automazione) sono operativi circa 150 addetti, nessuno di loro è bresciano. Il loro lavoro quotidiano è molto più di un segno di speranza: magari si rivelerà il seme di una pace che tarda ad arrivare.

«Le nostre due fabbriche in Ucraina, fortunatamente, non hanno subito il benché minimo danno - ha raccontato alcuni giorni fa, dalla Polonia, il presidente della Condor Trade di Verolanuova (calzature), Virginio Fidanza -: durante le fasi più drammatiche del conflitto, la produzione è necessariamente rallentata, ma ora stiamo lavorando più intensamente. Anche se all’appello mancano circa 300 dipendenti su una forza lavoro (pre-guerra) di 1.700 addetti complessivamente attivi nei siti di Zhitomyr e Berdyciv».

Il patron del gruppo calzaturiero motiva e giustifica la loro assenza: «Alcuni di loro sono stati chiamati alle armi, altri - ha spiegato - sono fuggiti in altri Paesi. Ma se devo essere onesto, non le posso nascondere che i miei manager ucraini sono davvero bravi e si stanno dando molto da fare». Dopotutto, secondo il racconto dell’imprenditore bresciano, la carenza di manodopera al momento non sembra l’esigenza più pressante. «Il lavoro c’è, la produzione funziona e i camion vanno e vengono dalle fabbriche: attualmente la vera difficoltà è quella di trovare gasolio per farli muovere».

Con una cadenza di tre/quattro settimane, tuttavia, i trasporti giungono negli stabilimenti ucraini della Condor Trade carichi anche di aiuti umanitari e poi ripartono con le produzioni realizzate.

Lo scenario

I cambiamenti, in particolare quelli generati da gravi choc come la guerra, obbligano dunque le imprese a maggiore flessibilità e reattività. «Il nuovo contesto internazionale sarà dominato da mercati continentali più chiusi di un tempo e strategico oggi diviene essere presente nei diversi Paesi per produrre per il mercato locale - ha commentato in merito Camozzi -. La filiera si accorcia, diviene regionale e bisogna adottare strategie differenti per poter giocare con regole differenti. Covid e guerra in Ucraina, con la conseguente crisi geopolitica - ha chiuso il patron dell’omonimo gruppo - hanno accelerato la disgregazione di un mondo, che per un certo periodo ha provato a dotarsi di regole comuni».

In attesa di un ridimensionamento del conflitto, resta invece sospesa l’attività nel sito ucraino della Metal Work di Concesio (prodotti per il comparto della pneumatica e fluidodinamica). «Siamo fermi sia nel sito in Ucraina sia in quello in Russia - precisa il manager bresciano Daniele Marconi -, anche se sappiamo che a Kiev, dove abbiamo il nostro stabilimento, si sta registrando una significativa ripresa delle attività. L’agroalimentare ad esempio da quel che ci risulta è un comparto che si sta muovendo bene. Le sirene, però, continuano a suonare. Ogni giorno».

I lavoratori della Metal Work in Ucraina, assicura Marconi sono tutti al sicuro. «Insieme alle loro famiglie si sono rifugiati in Polonia o in Italia. Il nostro stabilimento si trova vicino all’aeroporto di Kiev, una delle zone più bombardate della città: per fortuna, forse per miracolo, l’azienda c’è ancora e non ha subito danni. Quando sarà il momento opportuno ripartiremo».

Un auspicio anche per Andrea Niboli della Valsir, che in quella terra tormentata dalle truppe russe conta un’azienda, la Valrom, con 70 dipendenti nella cittadina di Vinnitska. «La città è stata bombardata solo tre volte, e per quel che ci riferiscono non è assediata dai soldati russi», racconta l’imprenditore valsabbino. «Purtroppo - aggiunge - stiamo lavorando con il contagocce a causa del pesante rallentamento delle forniture. Ad ogni modo cerchiamo di dare una speranza ai nostri dipendenti e a rotazione cerchiamo di impiegarli tutti». Un lavoro per rinascere.

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