Terrorismo, due arresti a Brescia: «Erano fortemente radicalizzati»

Sono due ventenni di origini pakistane cresciuti in via Milano e sono operai di professione, ma anche ragazzi con una seconda vita
PROPAGANDA JIHADISTA, DUE ARRESTI
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Hanno 20 e 22 anni, di origini pakistane, ma uno di loro è cittadino italiano. Sono cresciuti in città a Brescia, in via Milano, operai di professione, ma anche ragazzi con una seconda vita. Quella scoperta dalla Digos della questura che li ha arrestati con l’accusa di apologia aggravata dalla finalità di terrorismo. In rete, via social, inneggiavano alla guerra santa e al martirio e dopo il 7 ottobre i messaggi a sostegno di Hamas contro Israele erano diventati quotidiani. «Sei miliardi di ebrei devono piangere» e ancora: «Presto se Allah vuole non ci saranno più ebrei nemmeno in Israele».

Odio razziale e contro le donne

Ma i due giovani arrestati usavano la Rete anche per diffondere odio razziale. «Avevano diffuso, oltre a messaggi inneggianti la Jihad, anche messaggi d’odio rivolti contro il mondo occidentale, gli ebrei e le comunità Lgbt, con anche meme di matrice suprematista e neonazista, per esaltare la figura di Hitler, delle SS e di terroristi di estrema destra italiani» ha spiegato il Procuratore capo di Brescia Francesco Prete.

Nel mirino anche le donne. «Ultimamente sto notando un mio cambio di mentalità, tempo addietro non avrei ritenuto le donne superiori agli animali, ma devo ricredermi, sarebbe bello avere una donna in casa come schiava solo per intrattenimento (non erotico). Dopo un po’ gli animali sono noiosi, le donne invece sono più sofisticate, sia dal punto di vista linguistico che intellettuale. Ed è per questo che w le donne» è il messaggio pubblicato in rete dal più grande dei due arrestati.

Le indagini e gli arresti

Le indagini sono durate un anno e i due - c’è anche un terzo indagato a piede libero, un connazionale coetaneo che deve rispondere di odio razziale - sono stati monitorati, seguiti sul web e anche nella vita di tutti giorni. «Non può che essere il carcere la misura idonea a fermarli» ha stabilito il Gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare. «Hanno dimostrato una ferma adesione ideologica alle posizioni fondamentaliste dell’Islam, nonché il sostegno allo Stato islamico» sostiene il giudice. Per il questore Eugenio Spina sono «soggetti inseriti nel contesto sociale ma che in rete studiano i testi e la geopolitica e sviluppano un meccanismo di progressione e radicalizzazione che deve essere arginato».

Dibattito politico

I due arresti hanno generato un acceso confronto politico a livello locale. «I messaggi di odio rivolti all’Occidente, agli ebrei, alle donne e alla comunità Lgbt, di matrice suprematista e neonazista come rilevato dagli inquirenti, non possono trovare spazio in una città come la nostra, che condanna ogni tipo di violenza e abuso, lavorando affinché prevalgano sempre le logiche della pace, dell’inclusione, del dialogo tra i popoli e della convivenza civile. La giustizia farà il suo corso, ma mi preme rilevare che le forze dell’ordine si impegnano quotidianamente per garantire la sicurezza dei cittadini e che da parte di tutte le Istituzioni c’è la massima collaborazione affinché il nostro tessuto sociale, che è sano e coeso, non venga infettato dal virus dell’odio e della violenza» ha commentato la sindaca della città Laura Castelletti, a guida di una giunta di centrosinistra.

«I fatti parlano da soli, e lo fanno con la veemenza di certezze fin troppo amare e per nulla nuove alla nostra città. A Brescia vivono e operano persone radicalizzate in credo e propositi di fine jiadista-terroristico» la replica del leghista Fabio Rolfi. «Qualche problema dunque c’è, e non lo si può ignorare: è evidente che il tanto decantato modello d’integrazione stia dando prova di gravi falle cui dev’essere posto rimedio. Una situazione preoccupante - ha dichiarato Rolfi - che l’Amministrazione comunale ha concorso a peggiorare respingendo in modo arrogante e sbrigativo la proposta del centrodestra di una consulta della cultura e delle religioni».

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