Strage piazza Loggia: in aula uno dei presunti esecutori materiali

Inizia l'udienza preliminare a carico di Roberto Zorzi, neofascista veronese collegato sia ai mandanti della strage che agli estremisti bresciani
I portici poco dopo l'esplosione della bomba la mattina del 28 maggio 1974 © www.giornaledibrescia.it
I portici poco dopo l'esplosione della bomba la mattina del 28 maggio 1974 © www.giornaledibrescia.it
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La strage di piazza della Loggia ha almeno un mandante. Ma non ancora, 49 anni dopo, un esecutore materiale. Se è certo che a spedire a Brescia la bomba alla gelignite che esplose alle 10 e 12 del 28 maggio del 1974 proprio sotto i «macc de le ure» sia stato Carlo Maria Maggi, capo indiscusso di Ordine Nuovo per il Triveneto e anche oltre, ancora incerta è l’identità di chi piazzò quell’ordigno nel cestino sotto il colonnato e provocò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 102.

Un’idea, anzi due, gli inquirenti ce l’hanno. Il procuratore aggiunto Silvio Bonfigli, il sostituto procuratore Caty Bressanelli e il procuratore per  i minorenni Giuliana Tondina ritengono che siano stati Roberto Zorzi e Marco Toffaloni. Il primo all’epoca non aveva ancora 20 anni, il secondo non ancora 17. L’inchiesta nei loro confronti - svolta in continuità con quella che è approdata alla sentenza di condanna all’ergastolo per Maggi e Maurizio Tramonte e che ha individuato nell’estremismo nero veneto l’ambiente in cui maturò l’attentato - è approdata all’udienza preliminare. Si inizia con quella a carico di Roberto Zorzi. Il 5 aprile sarà la volta di Toffaloni.

Chi è Roberto Zorzi

Roberto Zorzi è passato alla storia delle indagini sulla destra eversiva degli anni ’70 quale giovanissimo militante di Ordine Nuovo veronese. Dagli atti dell’inchiesta bresciana, che lo vuole tra gli esecutori materiali della strage, emerge la sua vicinanza a Marcello Soffiati, estremista veronese indicato dalle sentenze quale pony express della bomba partita da Venezia e «messa in sicurezza» da Carlo Digilio in un appartamento di via Stella (sempre a Verona) poche ore prima di esplodere, e a tutto quel mondo della destra estrema veronese che con i camerati bresciani aveva solidi legami.

L’indagine bresciana sul suo conto dice della sua presenza a Brescia, in compagnia di Silvio Ferrari, la notte in cui il giovane bresciano perse la vita saltando in aria con la sua vespa in piazza Mercato.

Roberto Zorzi in una foto degli Anni '70 - © www.giornaledibrescia.it
Roberto Zorzi in una foto degli Anni '70 - © www.giornaledibrescia.it

Gli inquirenti hanno modo di ritenere che Roberto Zorzi in quelle stesse ore del 19 maggio, inoltre, avesse messo le mani sulla bomba destinata alla discoteca Blue Note in città.

Zorzi – per l’accusa - era inoltre tra coloro che il 21 maggio, 48 ore dopo la sua morte, partecipò ai funerali di Silvio Ferrari, portando con sé un cuscino di fiori che riproduceva l’ascia bipenne di Ordine Nuovo. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, in quelle ore, l’allora ventenne riuscì a sfuggire agli arresti scattati in seguito ai tafferugli che si scatenarono dopo i funerali, per poi essere fermato e segnalato dai carabinieri qualche ora dopo la strage di piazza della Loggia. 

Di un Roberto Z., sull’edizione preparata il 29 maggio ed in edicola il 30, si occupò anche il Corriere della Sera. Il giornalista Giorgio Zicari, penna ben informata anche per una cerca vicinanza con i servizi segreti del Sid, scrisse che le indagini sull’attentato di Brescia avevano preso una direzione precisa: avevano puntato i giovani veronesi presenti a Brescia al funerale di Silvio Ferrari, tra i quali ci sarebbe stato appunto anche Roberto Z.

La pista veronese

Per la procura bresciana è singolare il fatto che di quella pista poi non se ne seppe più niente, quasi che qualcuno dall’alto avesse deciso di insabbiarla prima che diventasse troppo tardi; così come è anomalo che di Roberto Zorzi, nonostante le sue contiguità con la destra eversiva, non ci sia mai stato (o forse sia stato cancellato) il fascicolo personale.

Sul suo conto, inoltre, gli inquirenti hanno raccolto altre informazioni che ritengono di interesse. Una fonte riferisce che insieme a Marco Toffaloni e a Silvio Ferrari, ma anche a Francesco Delfino, frequentasse la caserma dei Carabinieri di Parona, in provincia di Verona, passata alla storia della strategia della tensione quale luogo nel quale si sarebbero ordite trame nere e gli aneliti dei giovani camerati avrebbero incontrato il fabbisogno di manovalanza stragista dei capi dell’estremismo di destra.

Tra gli elementi che inducono gli inquirenti a ritenere Roberto Zorzi responsabile del concorso nella strage di piazza della Loggia c’è inoltre una testimonianza de relato tanto evocativa, quanto da riscontrare. Un testimone racconto che un camerata gli riferì di aver avuto dallo stesso Zorzi la confidenza che «a fare il botto» in piazza Loggia fosse stato lui in persona.
Oggi il 69enne veronese, difeso da due avvocati veronesi, vive nel profondo ovest degli Stati Uniti: alleva cani doberman nello stato di Washington. L’allevamento, come a consolidare il suo credo, si chiama «Del Littorio».

In aula

Difficilmente Zorzi sarà in aula per l’udienza preliminare che inizia con le questioni preliminari e le costituzioni di parte civile. Di sicuro ci saranno i pm e le parti civili. Chiederanno di costituirsi i famigliari delle vittime, il Comune e la Provincia di Brescia, e i sindacati che organizzarono la manifestazione antifascista funestata dalla bomba. Resta da capire se si costituirà, come accaduto negli altri processi, anche la presidenza del Consiglio dei ministri.

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