Strage piazza Loggia, anche il sesto grado si chiude con l’ergastolo

Le testimonianze di moglie e sorella non bastano. Manlio Milani: «Il suo silenzio ha ritardato l'accertamento della verità»
Il presidente della Corte d’appello Deantoni legge la sentenza. Tramonte è collegato in videoconferenza
Il presidente della Corte d’appello Deantoni legge la sentenza. Tramonte è collegato in videoconferenza
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Che Maurizio Tramonte avesse la barba più o meno lunga, o che non la portasse proprio; che avesse i capelli lunghi o i baffi a manubrio alla Corte d’appello non interessa. Il dettaglio tricologico, la testimonianza della moglie e della sorella che nel maggio del 1974 lo vogliono rasato di fresco e ordinato nel parrucco, a differenza della foto che per l’accusa lo ritrarrebbe in piazza Loggia la mattina della strage, per il presidente della seconda sezione penale Giulio Deantoni e i suoi giudici a latere (Mainardi e Sanesi) non hanno la forza di riscrivere 48 anni di storia e almeno 20 di processo. La Corte d’appello respinge la richiesta di revisione formulata dal 70enne estremista patavino contro l’ergastolo divenuto definitivo nell’estate del 2017.

In attesa di un probabile ricorso per Cassazione l’ex fonte Tritone incassa la quarta pronuncia sfavorevole dei sei gradi affrontati da quando, nel novembre del 2008 si sedette sul banco degli imputati per rispondere di concorso in strage insieme a Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi e Pino Rauti.

Le tappe del processo fino a qui

Assolto in primo ed in secondo grado, Tramonte - che da infiltrato nella destra eversiva veneta collaborò con i servizi segreti e raccontò l’evolversi della strategia della tensione in diretta attraverso le veline girate al Sid - non è riuscito a completare il percorso netto. Mentre i coimputati sono usciti indenni dal processo, insieme a Maggi si è ritrovato in Corte d’assise d’appello a Milano dopo l’annullamento con rinvio della sua assoluzione e proprio a Milano ha incassato la prima condanna, quella che la Cassazione ha confermato e davanti alla quale nulla hanno potuto le «prove nuove» presentate dagli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini e discusse nelle quattro udienze del processo di revisione.

La strage di piazza della Loggia
La strage di piazza della Loggia

Quale siano le valutazioni dei giudici circa le testimonianze di Patrizia Foletto e di Manuela Tramonte, rispettivamente moglie e sorella del condannato, è impossibile dire fino a quando non saranno pubblicate le motivazioni della sentenza letta alle 17,30 di ieri. Se per la difesa sono state il grimaldello per escludere la presenza del 70enne da piazza Loggia e far crollare l’intero castello accusatorio, già fragile di suo per l’inattendibilità dei testimoni a carico;per l’accusa pubblica e privata le versioni delle due signore oltre che inspiegabilmente tardive e poco credibili, non provano nulla.

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Le reazioni

«È una sentenza estremamente importante perché - commenta Manlio Milani, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime di piazza Loggia - nella sua trasparenza rafforza la sentenza di condanna divenuta definitiva. Come hanno giustamente affermato gli avvocati di parte civile questo verdetto fa pesare ancora di più il silenzio che Tramonte ha tenuto per vent’anni. Il suo silenzio ha ritardato l’accertamento della verità e ha pesato sulla storia di questo paese. Se avesse parlato forse la strage dell’Italicus sarebbe stata evitata».

Piazza Loggia il giorno della strage
Piazza Loggia il giorno della strage

«La difesa di Tramonte - ha detto Arnaldo Trebeschi - si è arrampicata sugli specchi. Gli argomenti dell’accusa e delle parti civili erano decisamente più solidi». Soddisfatto il procuratore generale, Guido Rispoli. «È andata come doveva andare». Nonostante l’esito negativo l’avvocato Baldassare Lauria è ottimista. «Faremo ricorso per Cassazione e alla fine la storia la faremo noi - ha detto -: abbiamo introdotto dati incontestabili. Tramonte è stato condannato in un processo irregolare e lo dimostreremo».

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