Siccità, il ministro Cingolani apre i «rubinetti» del lago d’Idro
Un metro d’acqua per salvare (almeno) il primo raccolto. Dopo la fumata bianca incassata dall’Autorità di bacino, il lago d’Idro si prepara a donare il suo oro blu ai campi, per regalare così un po’ di sollievo agli agricoltori. Lo farà fino al 10 luglio, mantenendo la sua altezza idrometrica a 366, ma la decisione non piace per nulla ai sindaci, convinti non solo che sia «una presa in giro» (per dirla con le parole del numero uno di Idro, Aldo Armani), ma anche che si tratti di una misura inefficace.
È atteso infatti questa mattina il decreto firmato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che scandirà il via libera alla nuova quota minima del lago d’Idro: il prelievo di quel metro d’acqua, che dovrebbe partire già da oggi, metterà al sicuro almeno il mais non ancora giunto a maturazione.
«Continuiamo a dire che sono da sostituire i sistemi irrigui ottocenteschi che utilizzano l’acqua del lago dieci volte in più del necessario e la soluzione è questa? Questo è solo l’inizio e i climatologi ripetono che di acqua ce ne sarà sempre di meno, per tutti. Con un metro di lago dove pensano di arrivare? Siamo di fronte alla totale cecità della politica» ha detto Armani.
Un problema, quello dell’irrigazione, concreto. E sul quale anche la Lombardia sta facendo delle valutazioni. Spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Fabio Rolfi: «Comprendo le ragioni dei sindaci, ma questa è una situazione eccezionale: ci si ferma a un’altezza di 366, che è poi la regolazione normale del lago prima dell’accordo che ha portato all’aumento attuale».Quel che è vero, però, è che l’Eridio non ha mai visto realizzati i lavori di messa in sicurezza di cui si parla da ormai quindici anni ma il cui iter è stato sistematicamente inceppato da un teorema di ricorsi. Si tratta di un piano che «vale» circa 60 milioni di investimento. «La Regione ha ora acquistato il progetto e si sta occupando della gara d’appalto. Siamo nella fase dell’assegnazione dei lavori, che dovrebbe concludersi all’inizio del 2023. L’auspicio è che non si mettano in mezzo altri ricorsi».
Gestita quest’emergenza siccità - per la verità annunciata da tempo da una crisi climatica evidente - bisogna però pensare ad interventi strutturali che siano in grado di non disperdere e di non sprecare un bene prezioso come l’acqua. E se da un lato c’è lo studio per il recupero delle acque reflue portato avanti dal Consorzio Oglio-Mella, dall’altro iniziano a farsi largo varie ipotesi.
Molti agricoltori, ad esempio, invocano la strada dei pozzi. «Questa è una possibilità solo temporanea e parziale - sottolinea Rolfi -. Ad autorizzarli è la Provincia che per un’istruttoria impiega in media un anno e mezzo: l’auspicio è che si acceleri, ma si deve considerare anche l’impatto ambientale, perché più pozzi ci sono e più la falda si abbassa».
Per questo la Regione pensa semmai a fonti consortili, capaci di servire più proprietà allo stesso tempo. «L’altro fronte da considerare è di tornare all’antico metodo dell’irrigazione invernale dei campi, una pratica che stiamo valutando di rifinanziare il prossimo anno» propone l’assessore all’Agricoltura. In questo modo, infatti, si porterebbe acqua nella falda durante la stagione più piovosa, così da non disperderla.
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