Segreterie Pd, l’esito scontato porta nei circoli solo la metà degli iscritti

Le due anime del Partito democratico, in Lombardia come a Brescia, marciano insieme: Silvia Roggiani è la nuova segretaria regionale, Michele Zanardi mantiene la guida del provinciale e l’ex presidente del Consiglio comunale in Loggia Roberto Cammarata ha la regia del cittadino (con Giulia Zambolin come numero due). Tutte candidature unitarie: un unicum se si guarda nello specchietto retrovisore che descrive i congressi bresciani degli ultimi anni.
Ma con una sola mozione, non si perde il senso di un congresso? La risposta è (anche in questo caso) allineata: no, specie perché - spiega la dirigenza dem - si va verso un nuovo metodo. Zanardi sintetizza la questione così: «Non si può ridurre la democrazia interna ai soli congressi. L’obiettivo non è fermarsi al partito discutendo di posti e nomi, ma costruire una comunità politica che creda in un progetto comune».

C’è un altro aspetto: a votare sono stati solo gli iscritti, ciascuno nel proprio circolo, senza assemblee con i delegati. Un metodo che ha contribuito a optare per la ricerca di una sintesi tra le diverse aree, seppure non fosse per nulla scontato: Zanardi ci è riuscito attraverso un lavoro di raccordo dietro le quinte, una mossa che - ad esempio - a Milano, territorio d’origine di Roggiani, non è andata in porto.
Modello agorà
La mappa di Brescia sbirciata in filigrana disegna una partecipazione particolarmente risicata in città: 167 votanti sui 678 aventi diritto, il 24,6%, solo uno su cinque. In provincia il quadro migliora e supera la soglia psicologica del 50%: 1.485 voti validi, ovvero il 51,3%. Ma l’esito timido della città abbassa l’asticella complessiva, fermandola al 49%.
L’unità nelle candidature delle segreterie c’è, il punto è fare in modo che non si infranga strada facendo. «Sarà fondamentale ripartire coesi, rilanciando un modello di partecipazione attiva degli iscritti» conferma Zanardi, che ieri ha seguito il voto dalla sede di via Risorgimento insieme ad Alessandro Duina, mentre Cammarata si trova all’estero. Il punto di riferimento è quello del 2022: «Penso all’esperienza delle agorà per costruire un’agenda politica comune, ma anche al lavoro fatto a Brescia per le Politiche. Il Pd deve ricominciare dall’attività politica rivolta ai cittadini, fuori dalle sedi e dai palazzi. Altro tema centrale credo sia individuare figure di garanzia come presidente dell’assemblea, che mi auguro sarà una donna, per poi passare alla direzione». A designare i ruoli della segreteria, formalmente, sarà infatti la direzione. E se i nomi dei titolari erano blindati, a fare discutere nelle scorse settimane erano stati quelli dei vice: «Un vicesegretario o vicesegretaria provinciale? Non so se ci sarà. Elly Schlein non ne ha, Roggiani ne avrà due... Qui è stata una discussione correntizia e non di partito, quindi non mi appartiene. Non vorrei che si rischiasse di avere la contrapposizione uomo-donna, non credo che debba accadere quando si vuole provare insieme a fare un cammino unitario» è la posizione di Zanardi.
Regione
Di fronte alle nuove segreterie ci sono già le prime prove: la scelta delle candidature per le Europee (l’elenco dei pretendenti è abbastanza affollato), le Comunali, il dibattito sulle Province. Ma c’è anche un progetto che, accanto a Roggiani, vede protagonista Emilio Del Bono: il «Laboratorio Lombardia 2028», di cui l’ex sindaco di Brescia è il frontman designato. Non è presto per lanciare il candidato governatore di elezioni che si consumeranno tra cinque anni? Per Zanardi «avviare il laboratorio Lombardia 2028, che non è milanese ma regionale, è una scelta intelligente: abbiamo bisogno di una proposta politica differente rispetto alle ultime. Chi guiderà questo processo avrà anche il dovere di costruire il consenso politico ed è giusto avere l’ambizione di mettere in campo la figura che potrebbe guidare la coalizione nel 2028, anche perché i progetti oltre alle idee devono avere gambe». E volti.
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