Regionali, Albini (Verdi-Sinistra): «Bisogna rivedere il governo della sanità»

Medica, consigliere comunale dal 2008, ha partecipato a missioni umanitarie in Africa e nel Mediterraneo. Ora è capolista
Donatella Albini è la capolista dell’alleanza Verdi-Sinistra alle prossime elezioni regionali in Lombardia
Donatella Albini è la capolista dell’alleanza Verdi-Sinistra alle prossime elezioni regionali in Lombardia
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Donatella Albini, classe ’54, è sposata e ha due figli. Laureata in Medicina, specialista in Ostetricia e ginecologia. Fino al 2015 ha lavorato come dirigente medico all’Unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Chiari.

È consigliere comunale dal 2008 e dal 2013 ha la delega alle politiche sanitarie. Ha partecipato a missioni umanitarie in Congo e Uganda. Una vita all’insegna della cura del prossimo come medico, ma anche un vita caratterizzata dall’impegno politico che l’ha portata in missione umanitarie in Africa e sulle navi nel Mediterraneo per soccorrere i migranti.

Donatella Albini è la capolista dell’alleanza Verdi-Sinistra alle prossime elezioni regionali in Lombardia.

Perché ha deciso di candidarsi alle Regionali?

Tutto il lavoro che ho fatto in questi anni e la mia professione hanno portato molte persone, non solo del mio partito, a chiedermi di candidarmi. In effetti se c’è un luogo politico dove avrebbe un senso per me lavorare è proprio la Regione, perché di fatto governa il mondo della sanità e della salute. Gli ambiti su cui mi sono sempre impegnata e chi hanno sempre interessato. Quindi diciamo che viene da sé che io mi possa candidare, con un certo livello di autorevolezza, per un ruolo all’interno della regione.

Andiamo quindi al punto, visto che la sanità è proprio il tema più scottante di questa campagna elettorale. Cosa va cambiato?

È vero il tema centrale è la sanità, che però non riguarda solo il governo delle strutture ospedaliere, ma serve capire come lavorano gli Irccs che non dipendono dalla Regione ma dal ministero. C’è poi il tema del governo della sanità territoriale su cui il Covid ha disvelato la colpevole impreparazione regionale. Senza dimenticare il depauperamento del territorio o delle eccellenze sanitarie che non sempre corrispondono all’equità del servizio. Insomma c’è da rivedere tutto il governo di sanità e salute, perché una buona sanità consente una buona salute e una buona salute consente un minor sfruttamento delle strutture sanitarie grazie ad una politica di prevenzione sul territorio.

Questo è il quadro generale. Ma quali sono i problemi secondo lei?

La questione principale che ci troviamo a dover gestire è l’articolo uno della legge 22 del 2021. La cosiddetta riforma Moratti, partita con Formigoni, passata da Maroni e arrivata fin qua e che pone il principio di equivalenze fra strutture pubbliche e strutture private nell’erogazione dei finanziamenti. Ho parlato a lungo con Majorino di questo aspetto perché credo sia il principio base da cui partire. Se noi siamo in una regione in cui quasi il cinquanta per cento dei finanziamenti sulla sanità viene dato alle strutture private, c’è qualcosa che non funziona. Credo che le strutture private accreditate debbano esistere; non sono per lo statalismo a tutti i costi, ma tutte le aziende sanitarie pubbliche e private devono applicare i livelli essenziali di assistenza.

Come va l’esperienza politica dell’alleanza rosso-verde?

Va molto bene. È un progetto politico che io ho condiviso appieno perché non esiste una giustizia sociale senza una giustizia ambientale. In questo senso è eclatante leggere ogni anno il 20 novembre, l’atlante pubblicato da «Save the Children» che mostra le storie di questi bambini «supereroi» che sono colpiti da povertà economica ed educativa e che vivono in zone ad altissimo inquinamento ambientale. Se c’è ancora un ruolo della sinistra, che è quello di stare dalla parte di chi ha meno dal punto di vista economico, di chi ha meno occasioni, di chi meno parole per raccontare la propria vita. Allora questa parte è anche quella che vive nelle condizioni ambientali più difficili. Quindi l’idea di fare un’alleanza Sinistra italiana e Verdi è straordinariamente importante.

Lei cosa pensa dell’alleanza in Lombardia tra il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle a sostegno di Majorino?

Io sono stata una delle promotrici a tutti i livelli dell’alleanza con i 5 Stelle, perché io che vengo da una politica molto periferica, che in realtà è centrata sulle vite delle persone. Quindi non ho mai avuto problemi di relazioni e di pratica politica con i pentastellati. Abbiamo visioni differenti? Può essere, ma questo accade in tutte le coalizioni.

Però rispetto ai rossoverdi, il M5s ha avuto sempre una posizione quanto meno ambigua sull’immigrazione.

Assolutamente. Ricordo anche che due ministri dei cinque Stelle mi hanno gentilmente lasciato fuori da un porto d’accordo con il signor Salvini quando ero imbarcata come volontaria sulla «Mare Ionio». Per cui lo so molto bene. È una cosa centrale ma va elaborata sull’esistente. Mi spiego meglio: sto lavorando a livello comunale sulla sanità negata ai richiedenti asilo, ne ho parlato con il capogruppo M5s in Loggia, Guido Ghidini, e lui è d’accordo. Questo per dire che anche tra i pentastellati ci sono sensibilità differenti.

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