Prove di rilancio per il commercio di Brescia: meno negozi, più bar e ristoranti

I dati degli ultimi 10 anni mostrano una «tenuta», Del Bono: «Ora azioni mirate: 1,2 milioni al Duc»
BENE I NEGOZI DI VICINATO
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Le vetrine vuote ci sono. Inutile negarlo. In media è chiusa una su quattro. Alcune zone della città soffrono più di altre. Basta farsi un giro nell’area della Camera di Commercio, dove è chiuso un negozio su due. Nel complesso, però, il commercio a Brescia «ha tenuto». Come? Trasformandosi.

La perdita di botteghe e negozi di vicinato è nei numeri, anche se meno della «desertificazione raccontata da una certa narrazione» spiega il sindaco Emilio Del Bono. Ma soprattutto il tessuto commerciale è cambiato: meno negozi, più bar e ristoranti. «La sensazione c’era già, ora lo dicono anche i dati» insiste il sindaco.

La Loggia ha infatti elaborato una «fotografia» decennale del commercio di vicinato in città: vale a dire quanti e quali sono i negozi (con una superficie di vendita non superiore ai 250 metri quadrati), di che tipologia, quanto ha inciso il Covid.

I risultati dicono che nel 2011 i negozi a Brescia erano 3.207, nel 2021 sono scesi a 2.966: 241 in meno, con un calo del 7,41% nel decennio. «Una flessione lontana dal 34% denunciato dalla associazioni di categoria» spiega il sindaco. Una discrepanza dovuta a un errore nella comunicazione dei vecchi dati all’osservatorio regionale.

«I dati reali sono questi - insiste Del Bono -. Non studi, stime, analisi». Sia chiaro, «una riflessione sul futuro del commercio va fatta», insieme alle associazioni. Ma perché sia efficace «bisogna partire dai numeri veri: se si sbaglia diagnosi, si sbaglia anche la prognosi».

Il quadro

Numeri, tabelle e grafici vengono squadernati da Giovanni Fontana, il manager del Duc, il distretto urbano del commercio. Dal 2011 al 2016 c’è stato un calo delle vetrine aperte, da 3.207 a 2.976. Poi si è registrata una ripresa fino ai 3.063 negozi del 2018, prima della nuova flessione causa Covid. Il dato aggiornato al 30 giugno 2022 mostra una nuova ripresa, 108 negozi in più rispetto al 2021, a cui vanno aggiunti 103 esercizi «misti» (ad esempio un centro estetico che vende anche prodotti di bellezza) non calcolati negli anni precedenti. Oggi il totale dei negozi di vicinato è quindi di 3.177, trenta in meno rispetto a dieci anni fa.

«Nessuna desertificazione, ma un consolidamento» commenta Del Bono. C’è poi la «metamorfosi dei consumi». Chiuso un negozio, spesso nella stessa vetrina ha riaperto un bar, un ristorante, un bed&breakfast. Dal 2013 al 2021 si sono persi 245 tra botteghe alimentari e negozi. Si sono però guadagnati 236 tra pubblici esercizi (da 1.279 a 1.461) e strutture ricettive, più che raddoppiate (da 45 a 99). Alla fine gli esercizi commerciali sono così passati da 4.412 a 4.403, con un saldo negativo di solo nove attività.

«Il calo dei negozi di vicinato è stato compensato dall’incremento dei pubblici esercizi, la cui quota è salita al 33%» spiega Fontana. Risultati per certi versi «sorprendenti», dice Mario Mistretta, presidente del Comitato per lo sviluppo economico locale. Segno di una «città viva, che compete con gli altri territori».

Strategia

Fin qui la «fotografia»: il commercio a Brescia non gode certo di ottima salute, schiacciato prima dai grandi centri commerciali sorti attorno alla città e ora all’esplosione dell’e-commerce, che drena il 30% degli acquisti. Ma «non è in atto nessuna desertificazione del tessuto commerciale cittadino» ribadisce Del Bono. I dati, spiega l’assessore al commercio Valter Mucchetti, vanno letti per quello che sono: «uno strumento per mettere in campo politiche attive per il commercio». Basta quindi ragionamenti sul «commercio percepito».

Si parta dai numeri, senza nascondere le difficoltà. «Sappiamo che ora serve un salto di qualità» ammette l’assessore. Negli scorsi mesi sono già state stanziate risorse contro il caro-affitti e per pagare le utenze, si lavora a un contratto tipo per abbassare i canoni (molte vetrine restano vuote per i prezzi alti), si punterà sul digitale: «Stiamo elaborando dati sul giro d’affari e il passaggio zona per zona, così da elaborare politiche mirate: non tutte le vie hanno gli stessi problemi e le stesse necessità»

A settembre si presenterà il progetto per il bando regionale Duc: l’obiettivo è portare a casa 600mila euro, metterne di tasca propria altri 600mila e destinare 1,2 milioni al rilancio del commercio. In vista del 2023.

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