Prima e seconda ondata, lo studio: «Misure diverse tra province»

L’Università di Bergamo: «Nei comuni più colpiti a marzo immunizzazione e maggiore attenzione»
La prima e la seconda ondata della pandemia a confronto - © www.giornaledibrescia.it
La prima e la seconda ondata della pandemia a confronto - © www.giornaledibrescia.it
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Basta dare un’occhiata alla mappa del contagio. La seconda ondata si concentra nelle province meno colpite nei mesi di marzo e aprile mentre pare aver rallentato nei territori martoriati la scorsa primavera. Una conferma arriva dallo studio dell’Università di Bergamo che ha messo in relazione la mortalità della prima ondata in tutti i Comuni della Lombardia (dati disponibili su Github, elaborati da James Tozer dell'Economist con la collaborazione del giornalista de Il Post Isaia Invernizzi) con l’evoluzione del contagio di queste settimane. Quel che emerge è una sorta di «relazione inversa», come l’ha definita il professor Paolo Buonanno, ordinario di economia nell’Ateneo orobico e curatore dello studio: dove il virus aveva colpito in maniera più spietata, ora l’impatto è più lieve.

Lo studio. L’indagine è partita analizzando «l’eccedenza di mortalità» durante la prima ondata, vale a dire dove i decessi sono stati maggiori rispetto alla media degli ultimi 5 anni, secondo il report di Istat e Istituto Superiore di Sanità. A marzo, per dire, nel Bresciano si sono registrati oltre 4mila decessi mentre la media degli anni precedenti era di poco più di mille. Tremila morti «in eccesso», anche se i decessi ufficiali per Covid, al 31 marzo, si fermavano a 1.349. Un dato, quello ufficiale, sottostimato. Così come il numero di persone contagiate dal SarsVoc2. Considerando un ipotetico tasso di mortalità dell’1%, spiega la ricerca, la quota di popolazione contagiata si stima essere il 40% in provincia di Bergamo, il 36% a Cremona, il 19% nel Bresciano. Vorrebbe dire 240mila infezioni nella nostra provincia. Queste analisi sono poi state rapportate alla seconda ondata. «Il numero di casi è inferiore nei comuni colpiti più duramente durante la prima ondata epidemica, suggerendo che il rischio di contagio potrebbe essere inferiore in quelle zone».

Il motivo? Buonanno e i ricercatori Sergio Galletta e Marcello Puca, autori dello studio, indicano due fattori: una sorta di maggiore immunità di gregge emerso nei territori più colpiti in primavera; e quello che viene definito «capitale civico», comportamenti più attenti e rispettosi delle regole (mascherina, distanza, igiene personale) frutto dell’essere stati più esposti nella prima fase.

Misure provinciali. Fatto sta che - è la conclusione dello studio - «le distinzioni regionali basate sul profilo di rischio andrebbero più coerentemente ridefinite quantomeno a livello provinciale». Mentre durante la prima ondata i contagi erano concentrati principalmente nell’est della Lombardia (Bergamo, Brescia, Cremona), ora i comuni più interessati sono quelli dell’ovest (Milano, Monza, Varese). Durante la prima ondata la provincia più colpita sul fronte mortalità era stata Bergamo. Che è quella che registra meno casi nella seconda ondata: dal 1° ottobre a ieri solo lo 0,46% della popolazione ha subito un’infezione da SarsCov2. A Varese, Milano e Monza Brianza la percentuale è cinque volte tanto, vicina al 2,5%. Se oggi Bergamo è la provincia meno colpita, a seguire viene Brescia. Per altro l’alto numero di casi degli ultimi 40 giorni può trarre in inganno: si tratta di cifre legate all’alto numero di tamponi. A marzo si sono fatti meno di 4mila tamponi al giorno. Ieri si sono superati i 40mila. Dieci volte tanto. È chiaro che ampliando la platea dei controlli, si individuano più positivi. Ma se al tempo i nuovi casi erano tutti gravi (i tamponi si facevano a chi era ricoverato e a chi si presentava al pronto soccorso) ora la fetta maggiore (70-80%) è rappresentata da positivi senza sintomi. Resta che i numeri sono in crescita, anche nella Lombardia orientale e anche sul fronte più drammatico dei decessi. Eppure secondo lo studio dell’Università di Bergamo la plausibile immunizzazione e il cambiamento dei comportamenti individuali sono alla base della ridotta probabilità di contagio osservata in molti comuni della Lombardia orientale. Suggerendo un’applicazione del lockdown diversificata a queste porzioni di territorio.

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