Osterie, a chi vanno le chiocciole nel Bresciano

La guida delle osterie, una delle più seguite e che gli appassionati considerano estremamente affidabile, si presenta sabato a Brescia
  • Alcune immagini dei locali chiocciolati
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Nell’immaginario di Slow Food la chiocciola, che è il simbolo dell’associazione è anche e senza dubbio il più ambito riconoscimento, la certificazione che qui si mangia «buono, pulito e giusto» (dove giusto sta a significare che si parla di un prezzo sotto i 35 euro). E proprio per questo la chiocciola è riconoscimento che va distribuito con parsimonia.

La nuova guida «Osterie d’Italia 2018» di chiocciole ne ha distribuite 275, ma con Brescia è stata parsimoniosa (o rigorosa, se lo preferite). Così le osterie «chiocciolate» bresciane sono solo quattro (lontani i tempi in cui erano almeno otto), e si tratta di conferme, splendide conferme.

Così la chiocciola rimane, come da sempre, a Le Frise di Artogne, a La Madia di Brione e all’Osteria della Villetta di Palazzolo. In più torna, dopo qualche tempo di assenza, la chiocciola anche alla Lamarta di Treviso Bresciano.

La guida delle osterie, una delle più seguite e che gli appassionati considerano estremamente affidabile, si presenta a Brescia (dove del resto è nata) il 28 ottobre prossimo all’ora di pranzo. La sede è di nuovo l’Istituto Mantegna di via Fura e a presentare il lavoro sarà Eugenio Signoroni, il bresciano che cura la pubblicazione (e le non facili scelte) con Marco Borlasco.

Accanto a lui ci saranno Silvia Tropea Montagnosi, coordinatrice per la Lombardia e il vice presidente di Slow Food Lombardia Francesco Amonti. Segnalazioni.

Se la chiocciola è il massimo riconoscimento della pubblicazione, va detto che tra le 1.616 segnalazioni trovano posto 22 referenze bresciane non chiocciolate, ma sempre valide, per il solo fatto di essere state inserite nella guida. Slow Food per ora ha svelato, oltre alle chiocciole 2018, le osterie che hanno una bella offerta di formaggi (in totale sono 207).

Così in classifica ricompare la Dispensa Pani e Vini di Adro, la creatura di Vittorio Fusari che oggi è guidata da Marci Acquaroli vincitore del Bocuse d'Or 2016; si confermano poi Le Frise (del resto è il regno assoluto dei formaggi di capra), la Madia e l’Osteria della Villetta (Maurizio Rossi ha un naso speciale nella scelta dei formaggi).

La lista mette in evidenza anche l’Osteria dell’Angelo di Gussago, locale che è scelta sicura in fatto di spiedo, ma anche di formaggio della nostra montagna. I curatori dicono che tra i 1.616 locali selezionati, 176 sono nuove segnalazioni. Si è detto di Lamarta, il tempio dello spiedo valsabbino, che torna direttamente con la chiocciola, ma sbucano anche Maistrì di Concesio e Sapì di Esine. Il che sta a significare che quelli di Slow Food appaiono conservatori, ma in fondo non lo sono poi del tutto.

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